MACHERIO: MORALE DELLA STORIA .


Per Darwin, geniale teorico della teoria evoluzionista, l’essere vivente che sopravvive non è il più forte ma quello che si sa adattare ai cambiamenti. E in questo periodo il genere umano sta rivelando grandi doti di adattamento. Almeno in ambito sociale. Abbiamo rinunciato a gran parte delle abitudini, anche le più frivole, che ci riempivano la giornata. Non viaggiamo più, incontriamo poche persone, aumentiamo le ore di vuoto e noia. 

Ci si sente spesso porre la domanda: quando torneremo alla normalità? Se la normalità è quella che ci aspettiamo, come se si potesse retrocedere le lancette del tempo ai mesi precedenti il diffondersi dell’epidemia, cancellando qualche mese dal calendario, la risposta non può essere che univoca: mai più. 

Ciò che stiamo vivendo lascerà un segno indelebile nella vita di tutti. I più piccoli, quelli almeno in grado di ricordare qualcosa della propria infanzia, porteranno nel tempo l’immagine di genitori e nonni con la mascherina. 

Lo ricorderanno negli incontri che inevitabilmente riprenderanno anche perché parlarne rappresenterà un modo illusorio di rimuovere un brutto momento. Gli adolescenti potranno solo rimpiangere la mancanza di quei momenti di trasgressiva formazione che solo quell’età è in grado di offrirti. 

I più adulti ripenseranno alle fatiche fatte per imparare nuovi modi di lavorare e socializzare. Qualcuno anche alle fatiche fatte per mettere insieme quattro soldi per la sopravvivenza quotidiana, magari ringraziando le tante persone speciali, le organizzazioni caritatevoli e i servizi messi in atto dal Comune. 

I più vecchi, contenti per lo scampato pericolo, saranno comunque immusoniti per non poter sfruttare le ultime piacevoli occasioni di viaggio e di piacere che la vita avrebbe potuto riservare dopo una vita di lavoro e sacrifici. Perché la fine del pericolo non è ancora dietro l’angolo: ne dovrà ancora passare di tempo prima di poterci dichiarare fuori dalla pandemia. Ce lo insegna la storia, anche se, a nostro vantaggio, c’è il fatto che lo sviluppo tecnologico accelera i tempi della conoscenza e della ricerca in campo scientifico. 

E allora la vera domanda che ci dobbiamo porre è: quanto spazio della nostra libertà individuale siamo disposti a cedere in nome di un benessere collettivo? E per quanto tempo? Ci viene richiesto di essere tracciati nei nostri contatti, di firmare autocertificazioni, di non accedere a luoghi pubblici se non per estrema necessità e persino di morire in un anonimo letto di ospedale senza l’ultimo abbraccio delle persone che hanno riempito la nostra vita. 

Come si può capire, la risposta non è scontata e ciascuno ne deve dare una propria. Io credo che una situazione eccezionale che rischia di mettere in difficoltà l’intero pianeta e a rischio la nostra vita imponga che qualcuno, Governo in primis, detti regole di comportamento che limitino danni collettivi. In periodo emergenziale si accetta e si ritiene generalmente corretto andare oltre un limite che in tempi cosiddetti normali non viene neppure avvicinato. Per questo si accettano le limitazioni, per quanto gravose, che ci vengono imposte nell’interesse della collettività, della salute e del bene comune. Però c’è un rischio di cui dobbiamo essere coscienti. 

Viviamo in uno Stato liberale che fonda le sue basi sulla supremazia del diritto e della libertà decisionale del singolo individuo che però riconosce la necessità di leggi che impediscano l’abuso della libertà. Qui il problema si fa tosto perché riguarda temi che grandi filosofi hanno dibattuto nei secoli e che hanno portato alla concezione dello stato liberale. Argomenti delicati che toccano i temi di morale pubblica e individuale, di libertà collettiva e individuale che, se si è critici osservatori, affiorano persino nel poco stimolante dibattito politico quotidiano. Facciamo un piccolo passo indietro che nulla ha a che vedere con la situazione attuale ma che ci può aiutare a capire.

Ciascuno di noi, a livello individuale e personale, può definire le slot machine o i gratta e vinci immorali sistemi ruba soldi. Ma lo può definire una legge dello stato in nome di una morale collettiva? 

Ci rendiamo conto che l’asticella potrebbe essere spostata sempre più in alto e far rientrare nel paniere dell’immoralità, proprio in nome di un benessere collettivo, solo per fare degli esempi, le sigarette o la pillola contraccettiva o altro ancora? 

Oppure, all’opposto, che proprio per il benessere di tutti, si potrebbe arrivare a imporre comportamenti quali l’obbligo di sottoporsi a vaccinazioni o a terapie che ora richiedono il consenso informato e attengono alla sfera della libertà di scelta? 

Uno Stato che impone una morale è definito uno stato etico. La sua contrapposizione è lo Stato di diritto o Stato liberale Lo Stato etico decide quale debba essere il comportamento del singolo individuo e, invece di considerare i cittadini come portatori di diritti, pretende di educarli. 

In pratica, nella concezione moderna, lo Stato di diritto è il custode delle leggi che permettono la convivenza civile ma non è chiamato a fornire regole di pensiero o di comportamento e neppure a decidere cosa sia moralmente accettabile e cosa non lo sia. 

Questo è il limite che dobbiamo tenere presente e condividere consapevolmente. A farci paura non devono essere quei quattro negazionisti imbecilli o le rumorose pattuglie dei complottisti. Di questi dobbiamo solo temere il loro retro pensiero che è totalitario e dogmatico, quindi illiberale. 

Roberto Redaelli

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