MACHERIO: "INDISPENSABILE"? LO DICEVANO GIA' 60 ANNI FA.


Da qualche parte bisogna pur cominciare. Meglio, da qualche data. E qui si pone il primo problema. L’idea di realizzare una nuova grande strada che collegasse l’est con l’ovest della Lombardia, a quando risale? 

Io mi sono aiutato proprio con l’archivio del nostro giornale: in fin dei conti parla di Macherio da quarant’anni. Ma sfoglia numero per numero tornando indietro come i gamberi, approdato al gennaio 1981 scopro che di Pedemontana si parlava già da un paio di decenni, se pur con altra denominazione. 

Individuare la data esatta dell’origine della strada è impresa pari a quella di chi qualche tempo prima (ma neanche tantissimo) si era avventurato alla ricerca delle sorgenti del Nilo. Non mi arrendo. 

C’è qualcuno, con più anni di me (pochi, ma di più), che dovrebbe ricordarsi. Giancarlo Rivolta era consigliere comunale negli anni sessanta; per caso ricorda se si parlava già allora della cosiddetta Pedemontana? “Certo, anche se aveva un altro nome e un’altra conformazione: si chiamava Biella-Bergamo ed era spostata più a nord. A metà degli anni sessanta era all’ordine del giorno come questione non nuovissima.”

Faccio due conti. Si iniziò a fantasticare dell’indispensabile collegamento est/ovest quando non avevo ancora vent’anni. Se si riuscirà a realizzarla, anche a iniziare domani mattina, non sarà prima dei miei ottanta. Insomma, ho passato una vita insieme al fantasma di una strada. Ma dopo l’antefatto, i fatti. Eletto sindaco di Macherio (correva l’anno 1995), tra i primissimi faldoni trovati sulla scrivania c’era - è il caso di dirlo? - la “realizzazione di un’opera strategica” rispondente al nome di Pedemontana. 


Quanti incontri, in comune, in provincia, in regione, nella sede della società, con i tecnici, tra colleghi sindaci? Cinquanta, settanta? Esagerato! Che esagerato? Forse di più. L’opera, veramente grandiosa, poteva essere degnata appena di uno sguardo da comuni non toccati dal percorso o appena sfiorati. Ma Macherio è un paese originale anche dal punto di vista geografico: a differenza di quasi tutti gli altri, si presenta sdraiato orizzontalmente e perciò sarebbe stato tagliato praticamente per intero. 

Era giocoforza quindi partecipare a tutte le riunioni e promuovevano. La scelta era tra una opposizione di principio, negando in toto la necessità dell’opera, e il cercare di attenuarne il più possibile l’impatto sul nostro territorio. In realtà la scelta era puramente teorica. 

La Pedemontana venne classificata “opera strategica di interesse nazionale” e, come tale, da farsi assolutamente e indipendentemente dai pronunciamenti dei comuni. Per lo stato italiano e la regione Lombardia era la risposta doverosa alla “domanda di mobilità generale del territorio più urbanizzato e industrializzato della Lombardia”; quindi dell’Italia. Allora ci si diede da fare, istituzioni e cittadini, per cambiare il disegno originale.


 
Si ottenne parecchio. Innanzitutto l’interramento totale del percorso, per due terzi in galleria (coperto), per il restante terzo in trincea. Poi la rinuncia all’ipotesi, incredibilmente avanzata da qualcuno, di deviare il percorso, per salvare un’industria, spostando il cimitero di Bareggia. Certo, stiamo riannodando la pellicola di parecchi anni. Ma proprio per questo non possiamo esimerci da alcune considerazioni. La prima delle quali potrebbe titolarsi “com’è buffa la vita!”. 

Sessant’anni fa si dichiarava insostenibile la situazione viabilistica, in nome della indispensabile rapidità di spostamenti a favore delle attività produttive. Poi, via via che le stagioni passavano e sulle pareti si cambiava il calendario, l’opera assolutamente necessaria per il commercio lombardo, e in particolare brianteo, languiva in qualche cassetto ministeriale, salvo rispolverarla ogni tanto e rilanciarla in quanto “di interesse nazionale”. 

Fu così nel 2001, quando la Legge Obiettivo fissò un cronoprogramma indiscutibile: progetto preliminare per il 2003, definitivo entro il 2005, appalto nel 2006, in esercizio nel 2009. Sì, come no? Resuscita qualche annetto dopo. Per il 2015 è previsto un evento straordinario proprio a Milano. Come farà l’Expo senza un collegamento est/ovest? Sappiamo che ce l’ha fatta, e anche bene. Ma il 2026 ci regalerà un’altra grande occasione turistica: le Olimpiadi invernali tra Milano e Cortina. 

Qualcuno può sostenere che avranno lo stesso successo se prima non verrà realizzata la Pedemontana? Prima modesta conclusione. Se siamo sopravvissuti a sessant’anni, non a sessanta giorni, senza quest’altra autostrada, si può nutrire il dubbio sulla sua indispensabilità? Di allora e, tanto più, di adesso? Seconda riflessione. Oggi la sensibilità ambientale è radicalmente cambiata rispetto a quei dì. Cambiata in meglio. E quando una cosa cambia in meglio, almeno una, è il caso di far finta di nulla? Tre. 

A proposito di ambiente, il progetto prevedeva importanti e imponenti interventi di mitigazione o, se si preferisce, di compensazione, con la creazione di vere e proprie aree verdi e con l’alleggerimento del traffico locale. Bisogna essere per forza diffidenti, o basta essere disincantati, per temere che, se i soldi scarseggeranno, a essere tagliate saranno proprio le mitiche “mitigazioni ambientali”? Quattro. 

Non finiva riunione senza votare un ordine del giorno sulla necessità di investire prima sul ferro che sulla gomma. Insomma, rafforzare i percorsi ferroviari. La tratta Seregno/Bergamo, con passaggio a Macherio/Sovico, doveva essere elettrificata e quadruplicata, con conseguenze nefaste per Macherio. La tratta Monza/Lecco, con passaggio a Macherio/Canonica, da tempo era stata giudicata “ramo secco”, quindi destinata ad essere soppressa. È sotto gli occhi di tutti come le cose siani andate. Non è che i papaveri incaricati di decidere sul futuro del nostro territorio abbiano brillato di perspicacia. 

Ma ora, luglio 2021, a che punto siamo? Si fa o non si fa, questa Pedemontana? C’è chi giura che sì, questa è la volta buona; chi teme che sì, questa sarà la volta nefasta; chi ha fatto i suoi calcoli e confida nella insostenibilità del costo; chi ha paura che l’insostenibilità del costo induca a tagliare le opere connesse che, piuttosto di niente, farebbero digerire l’autostrada; chi, e sono i più, la considera utile purché passi da un’altra parte; chi ritiene che impiegare un po’ duitempo in più per gli spostamenti non vale il sacrificio di un bel pezzo di verde. Pare che a breve (agosto/settembre) gli alti vertici prenderanno una decisione definitiva. Appena avremo comunicazioni certe, e non solo supposizioni, aggiorneremo i lettori. 

Per ora ci pare importante contribuire alla riflessione ragionata, come quella, ad esempio, espressa su facebook dal nostro concittadino Francesco Rivolta: "Non mi metto a discutere dell’utilità o meno dell’opera oggi dopo cinquant’anni dal suo concepimento che per altro prevedeva la realizzazione di una pedemontana (ai piedi del monte (?) ) e neanche voglio discutere dell’impatto indubbiamente devastante sul nostro territorio, ma quello svincolo, è semplicemente demenziale,  trancia Macherio da nord a sud dopo che la pedemontana lo sega da ovest a est. Quando è troppo è troppo. Va cassato lo svincolo quanto meno e utilizzare i soldi risparmiati per aumentare la lunghezza del tunnel che genera minor impatto. Del resto per accedere a questa autostrada c’è l’ingresso a Desio e ad Arcore (4km a Desio5km ad Arcore) Sovico e Biassono vogliono l’ingresso in Pedemontana sotto casa? Un lusso che rischia di essere pagato da noi Macheriesi. A noi basta l’ingresso di Desio. Il costo ambientale ed il costo sociale (valori che stiamo recuperando in questo difficile tempo) non possono non essere adeguatamente considerati. Il valore della comunità e la sua salvaguardia valgono meno della mobilità? Si faccia ciò che serve ma ciò che è superfluo lo si eviti e ciò che si fa tenga in debito conto che lacerare un tessuto sociale ha un prezzo ben superiore al prolungamento di un tunnel". 

Chiunque vorrà esporre la sua opinione al riguardo troverà ospitalità su questo giornale. 

Franco Verga

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