MACHERIO: CI SCRIVONO
Spett.le Sindaco di Macherio
Sig.ra Mariarosa Redaelli
e p.c. Redazione “il Paese”
In risposta all’articolo che porta la Sua
firma, apparso sul numero 2 (442) di
Febbraio 2021 della rivista “il Paese”, in
qualità di cittadini e residenti, vorremmo
replicare alle posizioni da Lei espresse
in tale sede.
Non si tratta invero di essere ecologisti,
né di puntare «alla conservazione del passato», dunque di essere contrari al rinnovamento.
La questione è più semplice:
noi crediamo fermamente che quest’ultimo non debba andare nella direzione di
estirpare quel poco che di sano è rimasto nel nostro mondo.
Lei parla di Macherio come di un Comune che negli anni sarebbe riuscito a
«conservare ampie aree boschive, parchi
e giardini destinati al pubblico utilizzo»:
ebbene, in base ai dati forniti dagli enti
competenti (ISPRA e PGT Comune di
Macherio), il nostro paese risulta avere
un indice di consumo di suolo pari a circa il 60%, ben oltre il 41% della Provincia di Monza e Brianza, che risulta essere la provincia più cementificata d’Italia
(e ciò senza contare cosa potrebbe succedere quando verrà costruita la famosa
“Pedemontana”): come vede, quindi, i
dati scientifici mal si conciliano con la
Sua narrazione e le sensazioni personali.
Lei ha asserito che rimanere fermi possa diventare «una soffocante gabbia»; a
nostro avviso, invece, il rischio è che
a trasformarsi in una soffocante gabbia
possa essere proprio il nostro paese, se
dovesse essere privato a lungo e in maniera radicale di una parte fondamentale
del suo importante patrimonio arboreo.
Occorre, innanzitutto, chiedersi: come
mai questo verde, definito da Lei stessa
«vetusto e cresciuto a dismisura», è divenuto tale?
Com’è naturale che sia, gli alberi crescono e se oggi «sono diventati veri e propri giganti» che «oscurano il paesaggio
e le abitazioni prospicienti» e le cui foglie cadono nei giardini privati dei residenti, senz’altro un motivo c’è.
Non sarà
forse perché negli anni non è stata fatta,
nei giusti tempi e nella giusta misura, la
manutenzione che essi necessitavano?
Ci sembra chiaro e limpido che il cuore
del problema non sia tanto la presenza
degli alberi, al contrario fondamentale
per tutti noi, quanto la mancata o inadeguata cura di questi ultimi da parte
di chi se ne sarebbe dovuto e se ne dovrebbe occupare.
Ci preme, inoltre, mettere in luce come
nel 2021 e in un’epoca in cui a livello
politico ci si riempie la bocca con termini
quali “ecologia”, “ambiente”, “transizione
ecologica”, risulti alquanto ironico voler
invece radere al suolo la maggior parte
dei filari di alberi del nostro Comune, in
nome di una “modernizzazione” di cui ci
sfugge il senso ed altresì estremamente
superficiale attribuire ad essi la sola funzione di “arredo urbano”, di “abbellire”
e “aggiungere valore”, come se fossero
meri oggetti di decoro che, divenuti ormai demodé, antiquati e non piacendo
più, si gettano via.
Questi, trascendendo l’innegabile e prezioso contributo estetico che offrono,
producono e regalano ai nostri polmoni
ossigeno – elemento di cui, visto anche il
particolare momento storico, dovremmo
aver compreso l’importanza imprescindibile –, danno ospitalità a molte forme
di vita, migliorano la qualità dell’aria,
riducendo l’inquinamento atmosferico,
oltre che acustico e mitigano il clima.
A questo proposito, Lei sostiene che gli
alberi recano a chi abita in queste vie il
«solo vantaggio di una gradevole frescura
apprezzata nei mesi più caldi», tuttavia
anche questa affermazione appare riduttiva e superficiale: oltre alla mera gradevolezza, la frescura donata da questi
ultimi consente soprattutto di ridurre l’utilizzo degli impianti di climatizzazione,
ergo implica minori consumi di energia
elettrica e, di conseguenza e in termini di
impatto ambientale, minor inquinamento,
poiché non tutta l’energia che consumiamo con tali impianti proviene esclusivamente da fonti rinnovabili e sostenibili.
Gli alberi apportano, pertanto, benefici
a tutti noi: non solo ai nostri occhi costantemente alla ricerca del bello, bensì soprattutto in termini di SALUTE e
QUALITÀ DELLA VITA importantissimi, visto e considerato che la nostra
zona abitativa è una delle più cementificate, popolate e, quindi, inquinate del
nostro Paese e d’Europa.
In ultima analisi, recentemente – e, oseremmo dire, finalmente – è stata effettuata
la potatura delle piante nelle vie menzionate nel Suo articolo.
Posto che gli alberi, se sani e se curati, possono durare secoli, certi come Lei della professionalità
dell’impresa che si è aggiudicata l’appalto
per tale opera e del fatto che se gli operatori avessero riscontrato alberi potenzialmente pericolosi per l’incolumità pubblica dei cittadini, poiché non in ottime
condizioni o malati, essi sarebbero stati
segnalati e già abbattuti, la domanda che
allora Le rivolgiamo è: su che base e chi
stabilisce che questi alberi abbiano raggiunto la fine del loro ciclo vitale e non
siano più adatti ai loro scopi?
Insomma, la questione è una ed occorre
trasparenza: quale sarebbe questo “obiettivo nobile” da perseguire?
Quello di abbattere degli alberi evidentemente e biologicamente non ancora alla fine del loro
ciclo vitale, che contribuiscono a pulire
l’aria e a donarci quantità ingenti di ossigeno prezioso, oltre che a rendere più
caratteristico e piacevole un paese sempre
più grigio, cementificato ed estremamente spento? O il tentativo di “abbattere i
costi”? A questo proposito, i progetti paventati di abbattimento radicale e sostituzione delle alberature esistenti avranno
un costo enormemente maggiore rispetto
alla manutenzione dell’esistente, pertanto
alle potature periodiche unite a semplici
interventi di sistemazione dei marciapiedi e all’istituzione di sensi unici stradali laddove possibile che consentirebbe
di ampliare così la superficie destinata
a pedoni e ciclisti, rispettando lo spazio
vitale dei filari presenti.
Inoltre, per concludere, a nostro avviso la Politica con P maiuscola dovrebbe
farsi carico di spiegare alla cittadinanza,
laddove questa manchi della necessaria
sensibilità, che i benefici del patrimonio
arboreo esistente superano di gran lunga
i costi e gli eventuali “disagi” (anch’essi, del resto, soggettivi) causati dalla loro
provvidenziale presenza; presenza per la
quale davvero dovremmo essere grati a
chi ci ha preceduto per averla pensata e
accudita fino ai giorni nostri.
Certi della Sua considerazione nel merito di quanto sopra rappresentato, Le
porgiamo distinti saluti.
Elena Bonavitacola
Marco Bonavitacola
Lucilla Franceschetti
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