MACHERIESE, UN BAREGGESE A BRESCIA


Domenica 8 ottobre, in nome di un'amicizia profonda, ancorché relativamente recente, ho avuto l'onore di essere invitato dal nuovo vescovo di Brescia, monsignor Pierantonio Tremolada, alla S. Messa con rito di immissione, celebrata nella Cattedrale della città in piazza Paolo VI. Il direttore di questo giornale, avendolo saputo, mi ha sollecitato (“imposto”?) a scriverne. Lo faccio (un po' obtorto collo!?) con pudore, con il pudore che si deve avere per le cose più grandi di noi.

La (mia) prima impressione è la magnificenza della funzione, la ricchezza dei paramenti che intimorivano e affascinavano i presenti, non più abituati a tale sfarzo. Ho la presunzione di credere che monsignor Pierantonio si sia sentito un po' schiacciato da tutto ciò, ma, com'è suo costume, abbia accettato e si sia sottoposto alla tradizione del rito, per rispetto verso la nuova Diocesi ed i suoi fedeli.

La (mia) prima considerazione, presuntuosa, ma convinta, è che “don” Pierantonio si sia trovato molto più a suo agio nell'attraversamento della provincia bresciana e nel cammino per le strade della città, partendo da piazza della Loggia, tra la sua “nuova gente”.

Il (mio) primo ricordo, vedendolo passare in Duomo tra due ali di folla ed alla fine di un lungo corteo di chierici, preti e vescovi è andato a Donata, sua sorella, conosciuta (e riconosciuta: “persona”) sempre grazie a questo giornale, in occasione della sua nomina a vescovo.
Nella corposa omelia, mons. Pierantonio non ha fatto “sconti” e, partendo dalle letture della Messa, ha tracciato le linee del ministero che l'attende in terra bresciana.

«Carissimi tutti, il momento che stiamo vivendo è uno di quelli che segnano la vita e rimangono incisi per sempre. Questo almeno per me, ma credo non solo.[...]
[…] Mettiamoci allora anzitutto in ascolto della Parola di Dio, che la liturgia oggi ci propone, e lasciamoci illuminare. Nelle letture che abbiamo ascoltato c'è un'immagine molto bella che funge da filo conduttore […] Questa realtà è la vigna del Signore. […] La vigna non è la vite, ma piuttosto l'ambiente più ampio in cui la vite si trova e viene coltivata. […]»

Da qui, dal suo essere biblista, si è via via snocciolato il sermone.
Il giornale locale “Bresciaoggi” scrive: «Monsignor Pierantonio Tremolada ha già conquistato il cuore dei bresciani, a partire dal primo cittadino Emilio Del Bono. Il sindaco trova “articolata e impegnativa, profonda e solida” l'omelia con cui il nuovo vescovo ha voluto segnare l'inizio del suo impegno pastorale nella diocesi di Brescia. […]»
Per quel poco che ho la presunzione di conoscere, mons. Pierantonio, con la sua calma proverbiale ed il suo accogliente sorriso, non defletterà però dalla sua concretezza brianzola (bareggese) e dalla sua strada vocazionale, che hanno costruito la sua identità di persona e di sacerdote. I bresciani, credo, non avranno “facili sconti”, ma potranno sempre contare su parole chiare e su una certezza:

«[…] Il nostro comune nemico è una visione della vita senza profondità e senza eternità, dove l'uomo è abbandonato a se stesso e i grandi valori hanno perso diritto di cittadinanza.[…].
[…] Saremo sempre ben felici di offrire il nostro contributo di credenti all'edificazione di quella che Paolo VI chiamava la civiltà dell'amore.
Mi resta un'ultima cosa da dire. Parlando di se stesso ai cristiani di Ippona il vescovo Agostino disse di sé: “Con voi cristiano, per voi vescovo”. E' quanto vorrei ripetere anch'io a tutti voi. Sono convinto che la fede in Cristo e il battesimo ricevuto sono ciò che abbiamo di più prezioso. Tuttavia, vorrei aggiungere anche questo: che cioè, da oggi, io sono uno di voi. Sono e vorrei essere un bresciano tra i bresciani. […]
[…] Dio vi benedica e si degni di benedire anche me, insieme con voi.
Nel nome del Signore, auguro a tutti buon cammino.»

Parlando di identità spesso non si tiene conto del tessuto sociale che la fa nascere, la determina e, via via, la forma. Ci sembra, quasi sempre, che si nasca così come si è in quel momento presente e che tutto sia innato. Non è proprio così! Le nostre storie ricche di focolari domestici, di amici, di scuole, di campanili, di tradizioni, … ci forgiano ogni giorno, per opposizione e/o per identità, costruendo così nel tempo le relazioni che formano la nostra persona.

Andrea Sala


                                                                       

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