MACHERIO: IL NONO PARROCO DI BAREGGIA
Domenica
24 novembre la parrocchia di Bareggia festeggerà l'entrata solenne di monsignor
Vittorio Madè, che succede a don Franco Oliviero, venuto a mancare il 23
ottobre del 2018, dopo aver retto la chiesa bareggese per ben trentuno anni.
La
parrocchia, dedicata a san Giuseppe artigiano ed a sant'Antonio Maria Zaccaria,
è stata istituita dal cardinal Andrea Ferrari nel lontano 1902, anche grazie
alla determinata e determinante volontà e collaborazione del fabbriciere
(economo) Paolo Galimberti "ùl Lota", del rione Pedresse (dal libro
"Pedrès, Turèt e Baldisar").
Monsignor
Madè è il nono parroco della storia di Bareggia.
Superato
qualche acciacco, che ha ritardato di qualche mese il suo insediamento, abbiamo
incontrato don Vittorio che, ristabilitosi, ha da subito programmato la sua
azione pastorale che, tra l'altro, comprende, oltre alle visite domiciliari
agli ammalati, le benedizioni natalizie alle famiglie, utili anche per
un'iniziale reciproca conoscenza con bareggesi.
Don
Vittorio, mi parli di lei, quando e dove è nato, in che anno è avvenuta la sua
ordinazione? i suoi incarichi pastorali dove sono stati svolti?
«Sono
di Garbagnate Milanese, nato nel 1946. Ordinato prete nel 1971, ho svolto
l'incarico di coadiutore nel quartiere milanese di Rogoredo: realtà sociale
fortemente legata al mondo operaio, per la presenza delle acciaierie Redaelli.
La gente per l'80% votava PCI, ma era brava gente, mi aiutava molto: mi
prestava i camion per la raccolta della carta, del rottame, etc. per
l'oratorio. Bello, bel periodo!
Poi,
diciamo che la mia maturità di uomo e senz'altro di prete, dal 1978 al 2000,
l'ho vissuta in Ospedale: dal 1978 al 1991 al Policlinico, prima coadiutore
sino al 1986 e poi rettore e dal 1992 al 2000, sempre come rettore,
all'ospedale Niguarda. Tra l'altro, il Policlinico allora era l'unica sede
universitaria a Milano per la facoltà di Medicina. Poi vennero la Bicocca, il
San Raffaele, eccetera. Diciamo che ho convissuto per 22 anni, gli anni appunto
della mia maturità come uomo e come prete, con il dolore, l'agonia e la
speranza. E' stato anche importante l'incontro con i giovani universitari,
tremila all'epoca. Conosco anche molti preti proprio perché da seminaristi,
ogni anno, venivano inviati il sabato e la domenica a dare una mano tra i
reparti.
Anche
a seguito della morte della mia mamma, avvenuta nel 1999, ho espresso
all'allora vicario episcopale Giudici, la mia disponibilità a diventare
parroco, anche perché a 53/54 anni lo ritenevo un tempo ultimo per iniziare un
tale incarico. Così, dal 2000 al 2009, ebbi l'incarico di parroco a Milano
presso la parrocchia di santa Teresa del Bambin Gesù in viale Monza, quartiere
Gorla. Tessuto sociale di ceto medio milanese, con una popolazione ancora
fortemente caratterizzata dalla tragedia del bombardamento della scuola
elementare nell'ottobre del 1944 (i "Piccoli Martiri di Gorla").
Fatto che ha contribuito a rendere il volto della parrocchia e del quartiere
più coeso e meno anonimo, a differenza dei quartieri limitrofi e a quelli della
città in generale. Ho un ricordo molto positivo e bello del periodo:
significativa disponibilità della gente, partecipazione, etc.»
Ricordo
vagamente di aver sentito del fatto!
«Fu
una tragedia grande, i bombardieri alleati avevano l'intenzione di colpire gli
stabilimenti Breda di Sesto, ma per un tragico errore uno degli ordigni, fatalmente,
centrò il vano scale della scuola elementare "Francesco
Crispi", proprio mentre bambini e personale scolastico stavano scendendo
per raggiungere il rifugio sotterraneo dell'edificio. Morirono 184 bambini, 14
insegnanti, la direttrice della scuola, 4 bidelli e un'assistente sanitaria,
oltre a parecchi civili dei quartieri Gorla, Precotto e limitrofi.
Purtroppo, spesso, sono le grandi tragedie a unire la gente
e farne una comunità.
Infine,
dal 2009 al 2019 sono stato nominato parroco a Novate Milanese, nella
parrocchia centrale, chiesa dei santi Gervaso e Protaso, coordinatore della
pastorale cittadina. Sono tre le parrocchie a Novate, oltre a quella centrale:
san Carlo e Sacra Famiglia.»
Mi
perdoni, ma sino ad ora l'ho sempre chiamata "don" ma lei è
"monsignore"?
Sorridendo
bonariamente mi precisa: «Sì, sono una "cappellata" (non chiedo
spiegazioni, presumo che sia gergo che designa la nomina
riferendosi al "cappello") del cardinal Martini, eh eh ... che
nel 1991 mi ha fatto canonico di sant'Ambrogio, con tutti i "colori"
del caso -sempre sorridendo e schermendosi aggiunge- li metterò su il
giorno dell'entrata.
Parlando
seriamente, deve sapere che i vescovi diocesani possono proporre il
conferimento di una onorificenza pontificia ad ecclesiastici, in segno di
apprezzamento e riconoscenza per il servizio prestato. La nomina risale al periodo del mio
incarico di coadiutore prima e rettore poi presso gli ospedali: Policlinico e
Niguarda di Milano. Esattamente, in procinto di passare a Niguarda, mi fu
anticipata dall'allora arcivescovo Martini la telefonata dell'abate di
Sant'Ambrogio che mi avrebbe comunicato che l'8 dicembre 1981, avrei ricevuto
la formale nomina a monsignore, Canonico di Sant'Ambrogio.»
A
proposito di "don" e di "monsignore" anche il vescovo di
Brescia, di cui vanto amicizia, mi dice sempre di chiamarlo semplicemente
"don"! Non so se conosce "don" Pierantonio Tremolada?
«Sì,
lo conosco molto bene! Tra l'altro nel '93 don Pierantonio, col suo coro, che
aveva al villaggio Brollo di Solaro dove andava la domenica, è venuto a
Garbagnate, alle case Pertini dove io sono nato, e lì ha accompagnato la mia
Messa da "Monsignore". Gliel'ho ricordato di recente. E' passato di
qui lunedì scorso!»
Domenica
3 novembre, per dovere istituzionale (supplente del presidente novantottenne
della "Combattenti e Reduci" di Macherio), ho partecipato a Bareggia
alla messa che ricorda i caduti di tutte le guerre. Mi ha fatto piacere sentire
che, in occasione dell'Avvento, inizierà a visitare le famiglie. Che prima
impressione ha maturato in questi primissimi mesi di permanenza della gente
bareggese, delle attività pubbliche, insomma della comunità di cui è diventato
parroco?
«C'è
indubbiamente una realtà molto vivace, davvero (!), con delle attenzioni che si
rivolgono tanto ai piccoli quanto anche agli adulti (per esempio con l'UNIBI);
c'è questa vivacità culturale ed ho l'impressione che l'Oratorio sia un po' il
contenitore. L'Oratorio non è solo un luogo geografico, ma, direi, un
laboratorio di iniziative e quant'altro.
In
merito alla visita alle famiglie, ho mandato una lettera, perchè il mio
proposito è conoscere da subito tutte le famiglie, non lo potrò fare prima di Natale,
peraltro, conto di terminarlo entro febbraio-marzo. Le visite, oltre agli
ammalati, le farò anche ai bambini, sono 25, dell'iniziazione cristiana, 2°
elementare, portando loro il catechismo.»
Don
Vittorio, no ... monsignore, la ringrazio per la disponibilità, la simpatia e
la sapienza. Auguri, di cuore, per tutto.
Andrea Sala
Commenti
Sarei interessato ad avere notizie sul primo parroco della Parrocchia.
Grazie