MACHERIO, IL DIALOGO POSSIBILE



Da maggio è stato attivato dall’amministrazione macheriese, in collaborazione con le cooperative Intesa sociale, Cooperativa Metà, Cooperativa Aeris e Consorzio comunità Brianza, il progetto “Integrazione accoglienza”. Ne parliamo con una delle responsabili, la mediatrice culturale Maira Massaro.

Quando e come è nato il progetto?
Ci tengo a precisare che si tratta di un progetto pilota, almeno in Brianza, fortemente voluto dall’amministrazione ed è incentrato sulla mediazione culturale. Nello specifico, il mio ruolo di mediatrice culturale consiste nell’iniziale mappatura del territorio al fine di individuare quegli enti e associazioni disponibili ad aderire al progetto, a “fare rete”. In un secondo tempo procedo con la pianificazione delle attività o creandone ex novo o inserendomi in attività già in corso. L’obiettivo che ci siamo prefissi non è quello di fare in modo che l’italiano accetti l’immigrato ma che sia l’italiano sia l’immigrato imparino reciprocamente ad accettarsi senza che l’inserimento di un’altra cultura o in un'altra cultura comporti la perdita della propria identità. Non c’è vittimismo nel comportamento degli immigrati di cui mi occupo. Sono semplicemente persone che hanno compiuto una scelta, per quanto difficile sia stata, e chiedono la possibilità di mettersi alla prova e di mettere a disposizione le loro competenze. Molti tra i richiedenti asilo sono diplomati. C’è chi scrive poesie o chi, nel suo paese d’origine, curava un giornale locale.   

Qualche settimana fa 5 richiedenti asilo hanno incontrato gli studenti delle scuole locali. Ci vuole raccontare com’è andata l’iniziativa?
Il progetto integrazione ha riguardato tutti i plessi scolastici presenti sul territorio, le seconde e le quarte della Manzoni, tutte le primarie della Rodari e le terze medie della Leopardi. È un progetto che presenta diverse tappe. Siamo partiti da una parte teorica, differenziata tra elementari e medie. Per le prime abbiamo scelto di trattare della diversità culturale in maniera più leggera presentandola attraverso immagini che rendano immediatamente l’idea della differenza, come i vestiti, i frutti e i panorami. Mentre per le medie abbiamo affrontato un percorso giuridico e umanitario più complesso, spiegando il diritto internazionale in materia di migrazione. Sono state mostrate diapositive anche piuttosto dure, tant’è che alcune ragazze si sono commosse, sul viaggio che i migranti compiono per raggiungere le nostre coste. Quindi lager libici, sevizie, ricatti, barche che affondano. Questa parte teorica è stata seguita dal confronto con 5 richiedenti asilo collocati a Macherio. Per poi proseguire, ma non sappiamo se a fronte della nuove leggi in materia di sicurezza sarà possibile, di alcuni laboratori, che avrebbero coinvolto tutte le materie didattiche. Cito il laboratorio sportivo o quello dedicato alle fiabe che avrebbe impegnato un gruppo di donne nigeriane che si erano rese disponibili a raccontare le fiabe della loro terra e poi insieme con i bambini ne avremmo creata una nuova, tutta nostra.

Entriamo più nello specifico nella giornata dedicata all’incontro?
È stato un confronto durato due ore a cui hanno preso parte le classi riunite e, come già detto in precedenza, cinque richiedenti asilo (2 bengalesi, due nigeriani e un siriano di età compresa tra i 19 e i 34 anni). Questi ultimi hanno raccontato le loro storie, il loro contatto con la popolazione italiana, le loro impressioni. Molte sono state le domane che sono state rivolte agli ospiti e i pensieri che gli alunni hanno voluto mettere per iscritto. Un episodio che mi ha commosso molto ha visto protagonista il ragazzo nigeriano che notava come sui mezzi pubblici le persone fatichino a sedersi accanto a lui, ebbene, spontaneamente gli alunni si sono alzati per abbracciarlo. L’esperienza si è rivelata un successo anche grazie alle insegnati che hanno sollecitato gli alunni alla curiosità e a fare domane, loro stesse ne avevano, cercando di evitare magari quelle che potessero urtare la sensibilità degli ospiti. È andato talmente bene che alla fine i nostri ragazzi sono stati invitati alla festa di Natale dove avranno la possibilità di partecipare, insieme agli alunni, a gare musicali e di intonare canzoni natalizie. Le terze medie, tra l’altro, stanno pensando di realizzare un video proprio sul diritto umanitario.

Come passano le giornate. Partecipano a corsi? In che attività sono coinvolti?
Oltre ai corsi di italiano che sono obbligatori, si sono tenute lezioni per metterli al corrente di comportamenti anche molto elementari che noi diamo per scontato ma che per loro tanto ovvi non sono ed è un insegnamento fondamentale perché gli permette di armonizzarsi con il contesto in cui vivono. Abbiamo tenuto, tra i tanti, corsi riguardanti l’educazione civica e l’alimentazione e naturalmente corsi professionalizzanti dato che il loro obiettivo principale è la ricerca di un lavoro. Tra le attività ha riscosso moltissimo successo l’aperitivo multietnico al CPF tenutosi nel luglio scorso. Molti dei nostri ragazzi sono stati impegnati in attività di volontariato a Macherio come la cura del verde, la preparazione dei seggi elettorali e la lavorazione al murales di corte della Filanda.

Quale valutazione dà del progetto?
Il bilancio del progetto è molto positivo. Molti dei richiedenti asilo hanno cominciato ad aprirsi di più, ad uscire più spesso e di conseguenza a relazionarsi con i macheriesi, persino con i più anziani che sono notoriamente più diffidenti. I nigeriani, a breve, inizieranno a frequentare la parrocchia recuperando così un aspetto della loro vita, quello religioso, a cui tengono molto. Ma il cambiamento è percepibile anche dalle piccole cose come il saluto che si scambia tra vicini, nella maggiore volontà di prendere parte alle attività proposte. Va detto che le associazioni presenti sul territorio ci hanno dato molto supporto. Alcune nigeriane sono state inserite nel gruppo di cammino di Macherio avendo così la possibilità di farsi conoscere e, cosa fondamentale, di allenare l’italiano.

Vuole salutarci con una curiosità?
Abbiamo un bengalese che non aveva mai visto la neve. Quando è nevicato, nel marzo scorso, probabilmente spinto da un entusiasmo poco contenibile, è uscito festante senza un abbigliamento adeguato. Gli è salita la febbre, ovviamente.

Lucia Coviello


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