MACHERIO, IL CORO DEL BEL CANTO
Maria
Arisi, Angela Zappa, Susanna
Boscaini, Cecilia Cassanmagnago, Emanuela Ripamonti, Raffaella Folchini e
Giovanna Resnati (questo è l’ordine con cui compaiono, da sinistra a destra,
nella foto) compongono il Coro Femminile
Calycanthus di Bareggia, esibitosi anche nella parrocchia macheriese l’8
dicembre dello scorso anno. Dalla strada, nonostante la pioggia battente, si
sentono le loro voci. Come un Pollicino che ha trovato la strada, mi accolgono
nella sala dove nascono e sperimentano le loro performance.
Da
dove deriva il nome Calycanthus?
Cecilia:
“È il nome di un arbusto diffuso in Giappone che si caratterizza per i piccoli
fiori gialli e il profumo intenso. Questa pianta ha la singolarità di fiorire
in inverno e noi, come coro, siamo nate proprio nel corso di quella stagione,
nel gennaio 2015. Inoltre la parola “calycanthus” rievoca echi per così dire
grecizzanti: “kalos” in greco vuol dire bello, quindi “bel – canto”. È un gioco di assonanze che ben si adatta alla
circostanza”.
Com’è
nato il coro?
Susanna:
“Tutte noi abbiamo alle spalle un’esperienza pluriennale nella corale V. Bellini
di Bareggia. Fatta eccezione per Giovanna e Angela, noi cinque, per cinque anni
abbiamo fatto parte di un piccolo coro misto, i Laeti Cantores. Terminata
questa esperienza ci siamo prese un anno di pausa. Fino al gennaio 2015,
appunto, quando don Antonio (allora parroco della parrocchia S. Giuseppe
Artigiano di Lissone) ci ha chiesto di cantare in occasione del 50° dalla
fondazione della parrocchia. A quel punto, per poter cantare avevamo bisogno di
altre due voci, Giovanna ed Angela, appunto. Ed eccoci. Per questo dobbiamo
sempre ringraziarlo!”
Scusate
l’ingenuità ma che differenza c’è tra un coro misto e un coro solo femminile?
Maria:
“Le voci femminili emettono i suoni medio-acuti e acuti, quindi riguardano solo
una parte dell’intera estensione di tutte le voci; mentre le voci maschili
hanno una gamma di suoni dal medio-grave al grave. Questo non impedisce
comunque di arrangiare le musiche che ci interessano per adattarle alle nostre
caratteristiche vocali”.
Quali
sono i vostri ruoli all’interno del gruppo?
Angela:
“In verità siamo molto duttili e i ruoli di ognuna dipendono anche dai brani che
selezioniamo. Nella maggior parte dei casi, Emanuela è il soprano primo,
Cecilia e Raffaella i soprani secondi, Giovanna e Maria sono i contralti primi,
e Susi ed io siamo i contralti secondi. A volte, poi, ci intercambiamo per una
questione di timbri. Oltre alla parte canora, ciascuna di noi si dà da fare per
promuovere il coro e per farlo funzionare. Io offro la sede per lo studio
settimanale, Raffaella si occupa dell’aspetto multimediale, ovvero pagina
Facebook e corrispondenza via e-mail; Cecilia, la nostra prof di Lettere,
ricerca e sceglie i testi letterari e religiosi che sempre alterniamo ai canti;
a Maria, pianista diplomata, è riservato tutto ciò che riguarda la parte
musicale. Infine, Emanuela il nostro soprano lirico, Susi e Giovanna, provvedono
alla stampa dei programmi di sala per le serate. Tutte ci prodighiamo per la
divulgazione e promozione del gruppo, ognuna anche tramite i propri contatti
personali”.
Quando
provate?
Raffaella:
“Molte di noi collaborano anche con altri cori della zona, come il Coro
ModusNovi Ensemble di Monza, per citarne uno, per cui è necessario riservare
alle Calycanthus un giorno particolare che rimanga fisso, e che si incastri con
gli altri impegni settimanali. A ridosso delle esibizioni proviamo anche in chiesa
a Bareggia, con l’accompagnamento dell’organo, (il nostro organista è Ivano
Raffaglio, anche se occasionalmente abbiamo collaborato anche con altri
organisti); e se è possibile, direttamente nel luogo dove avverrà la
meditazione. Questo è di vitale importanza, per avere l’esatta idea
dell’acustica del luogo, così da poter prendere eventuali accorgimenti sulla
sonorità da adottare e sulla migliore posizione del coro rispetto agli
ascoltatori al fine di ottimizzare l’effetto del canto”.
Per
quanto riguarda il vostro repertorio, come scegliete i brani da cantare?
Cecilia:
“Il nostro è un repertorio abbastanza consistente, che prevede brani sia sacri
che profani. Posso citare, tra i compositori da cui attingiamo maggiormente, la
suora benedettina mistica tedesca Hildegarde von Bingen, del XII secolo. In
genere, però, ci muoviamo attraverso i secoli senza particolari preclusioni,
eccezione fatta per il 1600 ed il 1700. Diciamo che il nostro repertorio spazia
dal Gregoriano ai contemporanei, di varie nazionalità. Diversi brani sono anche
in lingua straniera, non solo latina, ma anche francese, tedesca, basca,
spagnola, inglese, e persino gaelica. La ricerca del brano, inoltre, prevede un
costante lavoro di ricerca: andando ai concerti, attraverso programmi di sala
che ci pervengono da terzi, dalle registrazioni su Youtube, e anche grazie ai
consigli dei direttori di coro che conosciamo. In seguito si valutano i
parametri musicali ed il livello emozionale del brano”.
Maria:
“Quando abbiamo lo spartito, se è necessario provvedo ad adattare il brano alle
nostre voci. Se il brano funziona e ci coinvolge emotivamente, possiamo
finalmente “con-muovere”, cioè rendere partecipe chi ci ascolta delle nostre
emozioni e della nostra passione per il canto. Ad ogni serata intervalliamo le
musiche scelte a brani selezionati e letti da Cecilia; musica e meditazioni
devono essere adatti al tema della serata. Infatti i nostri non sono concerti,
ma meditazioni. Ovviamente i testi collaborano con la musica nel creare l’atmosfera
giusta per meditare, per riflettere. E se è vero che il suono, comunque, arriva
per primo alla sfera emozionale, il coro ha una bella responsabilità!”
Responsabilità
che non prevede l’ausilio di un direttore. A cosa è dovuta questa scelta?
Emanuela:
“Un direttore assume la guida del coro. In concerto cantiamo senza direttore,
quindi senza la dirigenza dei gesti, a favore di una più ampia gamma di timbri:
sette voci, sette timbri diversi, con molte possibilità di combinazioni! Se ci
fosse un direttore, una di noi non potrebbe cantare per dirigere … Attiviamo
molta autodisciplina e memoria musicale; siamo fortunate, perché essendo solo
in sette, il numero ci consente di mantenere questa decisione, cercando un
equilibrio su cui si regga l’intero gruppo”.
Quali
sono i progetti futuri? Collaborate anche con le associazioni locali?
Emanuela
e Raffaella: “Per quanto concerne il programma, non c’è ancora nulla di
definito, perché gli impegni dei primi sei mesi dell’anno si sono conclusi.
Utilizziamo questo periodo per rinnovare il repertorio, ricercando e studiando
nuovi brani. Sul fronte delle collaborazioni, recentemente abbiamo cantato il
7/10/2016 con la Corale Bellini e con il gruppo maschile dei gregorianisti
nell’ambito dei festeggiamenti per la festa patronale di Bareggia; siamo sempre
in contatto con il Gruppo Fotografico Imaginaria, col quale abbiamo collaborato
cantando alla “Serata delle stelle” l’11/9/2016 e l’1/4/2017 nella serata
dedicata agli Anni Settanta. Il 31/10/2015 e per altri quattro concerti nel
2016 abbiamo anche collaborato con il Coro ModusNovi Ensemble di Monza. Mentre
due settimane fa abbiamo accompagnato la presentazione di un libro dedicato al
Santuario di Santa Maria Assunta di Rancate, intitolato “Storia, arte e
devozione” di Eugenia Bianchi”.
Prima
delle esibizioni sottoponete le gola a cure particolari o avete curiosi riti
scaramantici?
Maria:
“Il miglior rito scaramantico è studiare bene ed è più che sufficiente”.
Emanuela
e Cecilia: “Bisogna sfatale il mito dei vapori o dei gargarismi perché in
verità servono a poco. Ci limitiamo a qualche liquirizia, magari a una
spruzzatina di Erisimo e beviamo molta acqua perché serve a tenere idratate le
corde vocali e poi naturalmente, essendo
le corde dei muscoli, facciamo i nostri esercizi per riscaldarle e prepararle
al canto. Se ci pensa non è poi diverso da ciò che fanno gli atleti prima di
correre”.
Qual è
l’esibizione a cui tenete di più?
Tutte:
“Solitamente l’ultima ma una in particolare la ricordiamo con piacere per alcune
circostanze inconsuete verificatesi nel corso dell’esecuzione. L’anno scorso,
il 12 giugno, abbiamo cantato nella Basilica dell’Isola di S. Giulio, sul Lago
d’Orta, con i ModusNovi. Il primo brano che apriva il concerto era il Caritas
abundat di Hildegarde, cantato da noi in cripta. Il concerto ha poi seguito il
suo corso davanti all’altare maggiore, con i cantori rivolti come sempre verso
il pubblico. Le monache di clausura che si trovavano di fronte all’altare, in
fondo alla basilica, dalla balaustra si affacciavano con una certa
circospezione; non facevi in tempo ad adocchiarne una, che lei subito si
ritraeva. Al termine del concerto, proprio da queste riservate sorelle tramite
la loro badessa Maria Canopi, è stato richiesto come bis proprio uno dei nostri:
il Caritas abundat di Hildegarde. È stata una grande soddisfazione!”
Avete
sogni nel cassetto o brani che vorreste cantare?
Susanna,
Raffaella, Giovanna: I brani con cui primo o poi vorremmo cimentarci sono troppi
per essere elencati, mentre il sogno in realtà è più che realizzabile: vorremo
partecipare al Festival internazionale dei cori che si tiene in Val Pusteria
solitamente nel mese di giugno. Per una serie di motivi non siamo ancora
riuscite a prendervi parte ma rappresenterebbe per noi un’ottima occasione per migliorarci. La musica non è un
compartimento stagno e, come in tutti i campi della vita, c’è sempre da
imparare dagli altri.
È
tempo di cantare. “Wenn ich ein Glöcklein wär“ (“quando ero campanellina“) di F.
X. Engelhart-O.Fischer. La voce, questo strumento musicale assegnatoci alla
nascita, ha dal magico quando lo si sa accordare.
Coviello
Lucia Grazia
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