MACHERIO,DIALOGO FANTASTICO CON UNA VECCHIA SIGNORA
Egregia, Illustrissima, Chiarissima … come
preferisce che la chiami?
No, no,
per favore niente del genere. Sono probabilmente l’edificio più antico di
Macherio ma resto con i piedi per terra. Può chiamarmi Signora Chiesetta di San
Cassiano. O meglio, così semplifichiamo, Signora Chiesetta.
Bene, so che non è cortese chiedere l’età
a una signora, ma mi permetta comunque di porgerle la domanda. Lei quanti anni,
pardon secoli, ha?
Vede,
come capita spesso anche a voi umani, dopo una certa età tutto diventa più
confuso, e quando penso al passato realtà e sogno s’ingarbugliano tra loro.
Proverò a rinfrescarle la memoria. Il reverendo
Casati, parroco di Macherio tra gli anni Trenta e Cinquanta dell’Ottocento,
rileggendo atti e documenti che la riguardano arrivò a datare la sua
costruzione intorno al 1100-1200?
Come
le ho già detto non ricordo. Invasioni, rivolte, malattie, guerre … ho visto di
tutto, il meglio e il peggio degli uomini e tutto si confonde. Non ho dimenticato
però le visite di alcune figure illustri che hanno avuto riguardo nei miei
confronti. Penso a San Carlo nel 1579, al Cardinale Federico Borromeo nel 1611,
al Cardinale Federigo Visconti nel 1688 e al Cardinale Alfredo Schuster nel 1939.
E loro, se non sbaglio, già allora invocavano
per lei importanti interventi di restauro?
Sì è
vero. Ma tutto si limitò a modeste iniziative. Purtroppo, e accade spesso dalle
nostre parti, si afferra l’importanza delle cose solo quando si rischia di
perderle. E la mia storia non si sottrae a questo vizio.
Mi sembra che pian piano stia recuperato
la memoria. Visto che è in vena di confessioni vuole dirmi quali interventi ha
subito prima del restauro del 1984?
Bé,
non pretenda che abbia tenuto il conto di tutti. Ricordo quello di inizio
Settecento, sì fu certamente nell’epoca di Maria Teresa d’Austria che
provvidero a rafforzare i muri e a dotarmi della navata e della sagrestia. Questi
lavori mi garantirono una serenità passeggera, purtroppo il peggio doveva
ancora venire.
Si spieghi meglio, per favore.
L’incuria
e il disinteresse dei miei concittadini mi avevano condotto a un tale stato d’abbandono
che qualcuno pensò addirittura di demolirmi, come si fa oggi con gli ecomostri.
Altri, più fatalisti, aspettavano che cadessi da sola. È stato un periodo di
sofferenza che sono riuscita a superare sacrificando molto della mia bellezza
originaria. Stucchi, pavimenti, affreschi … non avete idea di cosa vi siete
persi.
Poi arrivò finalmente l’imponente restauro
del 1984.
Mi fa
piacere rammentale che a salvarmi non sia stato il monito di qualche autorità
di passaggio, bensì la sensibilità di un cittadino qualunque, tale Sergio
Villa, che non rimase indifferente al mio stato e si attivò per spronare chi di
dovere. In tanti si mobilitarono: dal parroco don Luigi Pozzo all’amministrazione
comunale. Dai macheriesi che spontaneamente contribuirono al mio recupero
donando quanto potevano all’architetto Roberto Meregalli il cui progetto mi
restituì la dignità perduta. Sì, ci siete anche voi de “Il Paese” che per primi,
nel 1981, sollevaste il problema.
Poi nel giugno del 1986 si passò a
riordinale l’interno. Perduto il dipinto della Madonna con i Santi Ippolito e Cassiano, la
parete di fondo ospita ora il Cristo risorto di Malfer.
Me lo
lasci dire: che mano quel Malfer! Avevo inizialmente qualche timore dal momento
che eseguiva per la prima volta un dipinto “a secco” ma la fiducia che riponeva
in lui il sacerdote e le meticolosità con cui aveva studiato la tecnica fecero rapidamente
dipanare i miei dubbi.
Infine nel Duemila il tutto si completa
con le decorazioni.
E
finiamo da dove abbiamo cominciato. Sergio Villa offrì gratuitamente il lavoro
della sua ditta la “Sergio Villa Decorazioni” donandomi finti marmi, una
tinteggiatura più appropriata e altro ancora. In cambio chiese ben poco: una
targa dedicata ai genitori.
Come si sente adesso, a trent’anni da quel
restauro?
Sono
una vecchia Signora a cui è stata concessa una seconda vita. Se mi permette una
frivolezza, posso dichiararmi perfino più giovane del vostro giornale!
Mettiamola così, se le fa piacere. Ho
un’ultima richiesta, posso farle una foto?
Lucio Coviello
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