MACHERIO, MACHERIO BRUCIA


All’improvviso un bagliore nella notte: “un grande incendio scoppiava giovedì sera a Macherio [il 5 marzo 1914] nelle case coloniche di proprietà della signora Giselda Bardelli [in via Roma]. Il fuoco si estese rapidamente favorito anche dal vento forte. 


Accorsero sul posto immediatamente i pompieri della ditta Frette; nel tempo stesso il segretario comunale avvertiva i pompieri di Desio e Monza, invocando un sollecito intervento per scongiurare un grave pericolo anche al paese”. 

In breve giunsero i pompieri di Monza con tanto di pompa a vapore ed un carro attrezzi. Riprendiamo la cronaca de “La Patria”: “il fuoco aveva già distrutto stalle e fienili […]. 

Gravi difficoltà si incontrarono per la ricerca dell’acqua: la pompa a vapore dovette essere collocata a circa 300 metri dal fuoco e si immerse la spirale in una cantina allagata dalla sorgente d’un vicino pozzo [nella Corte Filanda]. A poco a poco il fuoco diminuì di violenza, si spense; ma l’opera dei pompieri continuò l’intera notte per abbattere avanzi di fabbricati che avrebbero potuto crollare. I danni sono ingenti”.

Nonostante le migliorie apportate successivamente, come l’installazione nel pozzo comunale di via Roma di “una pompa […] azionata da motore elettrico per sollevamento d’acqua” da usare anche nell’eventualità di incendi, i limiti dell’approvvigionamento idrico si ripresentarono, con maggior intensità, qualche anno più tardi. 

Da “Il Cittadino della domenica” del 14 dicembre 1920: “Gravissimo incendio [a Macherio]. Nella mattinata di mercoledì [10 dicembre] è scoppiato un violentissimo incendio nelle case coloniche dell’ing. Leopoldo Rivolta [sempre in via Roma]. D’un tratto tutto il fabbricato fu invaso dalle fiamme”. Ecco ripetersi le stesse scene degli anni addietro: “accorsero primi i pompieri della Ditta Frette, in seguito arrivarono anche quelli di Desio e di Monza e alla fine quelli di Milano […]”. 

Inutilmente perché “ormai data la violenza distruttrice delle fiamme, del vasto fabbricato non fu possibile salvare nulla; tutto andò distrutto, compreso le masserizie e gli effetti personali delle famiglie coloniche. 

L’opera dei pompieri fu specialmente rivolta ad isolare l’incendio perché non andassero distrutte anche le case vicine. Più di settanta persone rimasero così senza tetto e furono provvisoriamente ricoverate nella casa civile dell’ing. Rivolta, nello stabilimento Wipperman e alla Cooperativa […]. 

Una lode speciale va data a tutta la popolazione che con slancio ammirevole si è prodigata a soccorrere le famiglie infortunate”. Solidarietà confermata dallo stesso don Biffi: “si diede opera per accasare le famiglie rimaste senza tetto, si fecero collette etc. per provvedere di biancheria, masserizie, denari, etc. i poveri sinistrati, e tutti corrisposero con generosità anche da’ paesi vicini. Si tenne poscia anche una pesca di beneficienza che fruttò più di £ 7.000”. 

Altri incendi funestarono Macherio anche in seguito: il 10 gennaio 1923 toccò allo stabilimento Rivolta & Carmignani, ancora una volta in via Roma, calamita per simili sciagure; il 14 luglio 1927 andò distrutta Corte Canova con danni pari a lire 110.00. Chiudiamola qui. Solo a scriverne sembra faccia più caldo.

Lucia Coviello

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