MACHERIO, AMMINISTRARE RESPONSABILMENTE
L’accoglienza non è certo un tema popolare, nemmeno ai
tempi di papa Francesco, né tanto meno una scelta politica che porta consensi,
ma il mondo in cui viviamo ci impone di non chiudere gli occhi. Chi è chiamato
ad amministrare deve rispondere alle necessità del presente e guardare agli
obiettivi di crescita civile. Piaccia o no, la realtà dei rifugiati esiste,
come è noto arrivano a migliaia sulle coste italiane, si spostano verso Milano
con l’obiettivo, il più delle volte, di raggiungere i Paesi del Nord Europa che
hanno politiche di asilo più strutturate. L’emergenza in Italia va governata,
fosse anche solo per una permanenza temporanea sul nostro territorio.
Da mesi la Prefettura, l’istituzione che rappresenta
il governo nelle province, ha chiesto la collaborazione dei Comuni, non solo
del nostro, per dare un alloggio a queste persone in fuga dai propri Paesi.
Intraprendere un percorso di accoglienza è complicato per chiunque, soprattutto
in questo momento in cui le amministrazioni comunali sono già tartassate per
altri motivi, le richieste da parte dei cittadini in difficoltà sono crescenti
e le risorse a cui attingere sempre meno. Ma è cruciale che degli
amministratori seri non si sottraggano a questa sfida del nostro tempo e
tentino di offrire letture meno semplificate di quelle che circolano. E’ troppo
facile dire “aiutiamoli a casa loro” o gridare “no ai profughi” quando sono già
qui.
Di fronte alla richiesta della Prefettura avevamo due
possibilità: fingere di non vedere e sapere, di non essere coinvolti
ritrovandoci sicuramente con una decisione calata dall’alto, oppure assumerci
la nostra responsabilità.
Avevamo scelto di intraprendere questa seconda strada,
come dovere morale. Per questo ci
eravamo dichiarati disponibili ad accogliere un numero limitato di profughi,
quattro, che sarebbero stati ospitati presso una struttura comunale, adiacente
al Centro per la famiglia, ex sede dei pensionati. Un appartamento attualmente
libero che non rientra nell’elenco degli alloggi da destinare ai macheriesi in
difficoltà. La Cooperativa La Grande Casa – la stessa che gestisce il Centro
per la famiglia, con la quale il Comune collabora da diversi anni e che ha
esperienza consolidata in tema di accoglienza – avrebbe gestito anche il nostro
progetto su mandato indiretto della Prefettura.
Eravamo convinti di poter avviare un’esperienza
positiva, che potesse assicurare un’integrazione sicura all’interno di una
comunità che si fa carico delle persone e che potesse risultare un modello a
cui fare riferimento. Le condizioni erano state create: avevamo la certezza
della collaborazione di altri soggetti come la Parrocchia, da subito
dimostratasi sensibile al tema; la Cooperativa avrebbe assicurato la cura degli
aspetti pratici e della quotidianità di queste quattro persone, che a loro
volta avrebbero potuto svolgere piccoli lavori di manutenzione sul territorio:
un modo concreto per restituire alla comunità l’impegno assunto nei loro
confronti. Il tutto a costo zero per il Comune, anzi si era anche stabilito un canone
di affitto per gli spazi occupati che sarebbero entrati nelle casse comunali.
Il cammino era stato definito, la Prefettura ne era
perfettamente a conoscenza e, nel momento in cui si era ormai arrivati a
sottoscrivere il contratto, dopo aver superato tutte le formalità, sono venuta
a sapere che dieci persone di origine pachistana sarebbero presto entrate in
due appartamenti sfitti di via Cadorna. Tutto si è svolto per trattativa
privata, come accade per qualsiasi proprietario che intenda affittare un suo
appartamento a chiunque. Il contratto di locazione è stato stipulato da una
cooperativa per conto della Prefettura, senza ovviamente cercare il
coinvolgimento diretto dell’amministrazione comunale.
La notizia ha letteralmente spiazzato me e i miei collaboratori.
A quel punto abbiamo ritenuto di sospendere il nostro progetto per evitare che
la presenza di altri profughi potesse avere un impatto troppo forte sulla
nostra comunità.
È comprensibile l’urgenza di trovare nuovi alloggi per
i profughi, vista la necessità della Prefettura di alleggerire il centro
Botticelli di Lissone e il centro Spallanzani di Monza, oggi superaffollati.
(Si tratta di strutture comunali in cui alcuni spazi devono essere riservati ai
residenti in previsione dell’emergenza freddo, ormai imminente).
Ma qualche considerazione sul metodo va fatta. Ripeto:
tutti erano a conoscenza del nostro progetto,
eppure, intanto, si stava già procedendo in altro modo, bypassando
completamente il Comune di Macherio, senza nemmeno avvisarlo. Scelta legittima
e perfettamente legale ma, secondo me, eticamente inopportuna. Perché è venuto
completamente a mancare lo spirito di collaborazione tra istituzioni.
Di fronte a questa situazione, adesso, cosa può fare
il sindaco? Può impegnarsi a tenerla monitorata, a chiedere garanzie su un
processo che va gestito, può continuare a rivendicare la necessità di politiche
inclusive diverse, condivise, pensate, e di metodi diversi. E ha il dovere di
informare i suoi concittadini su come sono andate le cose.
L’intervento sociale è necessità imprescindibile per
garantire convivenza civile e serena e la strada da imboccare è quella del
coinvolgimento, nella ricerca di ciò che accomuna e unifica, in cui gli scambi
fiduciosi prevalgono sulle competizioni .
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