NOI LA PENSIAMO COSI': CASO PENATI (di Andrea Sala)


A volte ci sono fatti e situazioni pesanti. Ci sono onerose responsabilità da riconoscere ed emendare. C'è la necessità di assumere uno sforzo ulteriore di riflessione e di scelta, rispetto a quello che normalmente impone la nostra quotidianità.
La pesantezza di questi giorni, mia come di molti, è relativa alla cosiddetta vicenda Penati.
Va subito detto che non è una vicenda che tocca solo alcune persone o una parte politica. Ogni episodio di finanziamento illecito a politici di qualsiasi colore, riguarda indistintamente tutti. Riguarda tutti non solo per la rilevanza penale di questi episodi, ma soprattutto, perché ledono il diritto di ogni cittadino di poter contare su rappresentanti eletti che, pur appartenenti a partiti diversi, devono esprimere nella loro azione pubblica, prima di tutto, trasparente correttezza ed esemplare rispetto istituzionale. Sono le istituzioni, infatti, che regolano i contenuti e le modalità dell'azione politica. Azione politica che, è bene ricordarlo, non solo interessa le tasche degli italiani, ma, soprattutto, li rappresenta ed agisce in nome loro e per loro conto.
Per non ingrossare le fila dei qualunquisti (in tuch istess), o peggio dei tifosi che, come nel calcio, godono quando perde la controparte, mi sembra importante precisare subito i comportamenti delle diverse formazioni politiche di fronte a questi fatti, non per giustificare, ma per capire. Capire meglio e, possibilmente, di più.

Lunedì 5 settembre, la commissione di garanzia del PD ha sospeso Penati. Qualcuno voleva la sua espulsione dal partito, cosa che avverrà, ne sono certo, se la Magistratura confermerà le accuse. La sospensione è, comunque, un segnale preciso quantomeno di rispetto verso gli inquirenti che hanno il diritto ed il dovere di indagare a fondo e verso gli iscritti e, di più, verso i cittadini, elettori o no del PD.
In questi anni non è sempre stato così. Per il premier e per molti esponenti del suo (aggettivo quanto mai possessivo) partito (PdL), non è mai stato e non è così! Con buona pace della Lega che cieca e sorda di fronte a certi fatti e comportamenti, è perciò corresponsabile della loro sostanziale ingiudicabilità e, quel che è peggio, del loro ripetersi.

Tre esempi rapidi, rapidi:
  1. Marcello Dell'Utri, senatore – 2010 – Condannato a 7 anni dalla Corte d'Appello per “Concorso esterno in associazione mafiosa” (per fatti sino al 1992, assolto per quelli successivi a tale data. Si è in attesa della sentenza definitiva della Cassazione. La Procura di Palermo è ricorsa in Cassazione per l'assoluzione dei fatti dopo il 1992). Famosa la sua dichiarazione nell'intervista del 10.02.2010 alla giornalista del “Fatto Quotidiano” Beatrice Borromeo: «Io sono politico per legittima difesa. A me della politica non frega niente. Mi difendo con la politica, sono costretto. Mi candidai nel 1996 per proteggermi. Infatti subito dopo mi arrivò il mandato d'arresto […] Mi difendo anche fuori [dal Parlamento] ma non sono mica cretino. Quelli mi arrestano.»
  2. Nicola Cosentino, deputato e sottosegretario – nov. 2009 – Il Tribunale di Napoli ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare per “associazione camorristica”, confermata dalla Cassazione e respinta dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Respinte anche, da Berlusconi, le sue dimissioni da sottosegretario.
  3. Saverio Romano, ministro delle Politiche Agricole e deputato – lug. 2011 – Indagato dal GIP di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Nel febbraio 2011 i giudici della Corte di Cassazione, nelle more della motivazione della condanna definitiva contro Totò Cuffaro, lo citano come coinvolto in merito ad un incontro tra lo stesso Romano e Cuffaro con il boss mafioso Angelo Siino.

Detto che si vuole con forza evidenziare una oggettiva diversità di comportamento, è giusto precisare che con ciò, non si ritiene di giustificare nessun comportamento illecito, quindi, non si vuol giustificare, nel merito, il comportamento (se sarà accertato) di Penati. Se le accuse troveranno, come sembra sempre più probabile, conferme probatorie ed in attesa degli sviluppi, mi sembra importante sottolineare che da parte del PD è apprezzabile il rispetto dell'azione dei magistrati, ma non è sufficiente solo questo a dare credibilità ad una forza politica che si propone di governare il Paese.

Premesso che sarebbe ancor più grave se la corruzione fosse stata perpetrata per procurare fondi per le campagne elettorali e/o -genericamente- per il partito, è venuto il momento per il PD di agire con la massima trasparenza per combattere la degenerazione del rapporto tra ruolo pubblico ed interessi privati. Il PD non può permettersi, se vuole essere forza rinnovatrice, di derogare ad una severa trasparenza amministrativa. Trasparenza che si pretende anche e soprattutto in quanto è la ragione della sua nascita. Ragione esplicitata in un orientamento ideale che trova la sua ragion d'essere nei valori del riformismo popolare presenti nelle storie e nelle tradizioni sia socialista che cristiana. Questi valori, depurati da un marcato radicalismo (comunista) e da una presunta indiscutibile legittimità assoluta alla gestione del potere ad ogni costo (democristiana), possono compiutamente sorreggere un'idealità di partito che, in primis, si deve consolidare nella serietà, nella severità, nella coerenza e nella moderazione. Per quel che di più vero ha la moderazione: “la capacità di accettare e valorizzare le diversità”.
Tradotto in soldoni il PD deve tenere un comportamento radicalmente diverso da quello dei suoi avversari politici: Lega compresa! Se è vero come è vero, che gli interessi di parte e i tatticismi di corto respiro (aspetti, curiosamente così contigui alla realtà dell'ultima DC), hanno sempre più indirizzato la Lega verso l'occupazione spartitoria delle istituzioni e dei posti nelle Aziende pubbliche e verso un sostegno acritico e spesso imbarazzante delle scelte degli alleati PdL. Ovvero, la tattica si è mangiata, nei fatti e nei risultati dell'alleanza PdL-Lega, gli ideali di quest'ultima, relegata ormai ad una simbiosi perfetta contraddetta solo da parole vuote, che non corrispondono più agli slogan ancora urlati. Infatti, dove sono finiti in concreto: il federalismo, la maggior autonomia degli enti locali, il ridimensionamento dei costi della politica, la priorità del welfare, la trasparenza e l'egualitarismo fiscale, il vero merito? (Così assente nella scelta della dirigenza e delle cariche pubbliche, Il Bossi-trota in consiglio regionale, insegna). Alla faccia di Roma ladrona, in Padania si ripetono gli stessi errori e quel che è peggio gli stessi metodi, magari e purtroppo, riempiendosi la bocca di parole (che paiono così grottescamente vuote) come: solidarietà e sussidiarietà  (basta guardare all'immonda spartizione dei posti di potere e dei relativi fondi nelle aziende ospedaliere della Regione tra: PdL, Lega e CL).

Non sono i possibili errori a fare differenza, tutti ne commettiamo. In politica, credo che la differenza si misuri sul comportamento complessivo dei suoi attori: partiti e singoli. Comportamento che si costruisce ponendosi nell'ottica di: “accompagnare le persone ad essere cittadini”.
Se il PD è nato per questo, e lo è, ha l'imperativo categorico di impegnarsi a cambiare (in primis e per motu proprio) il generale attuale andazzo della politica attingendo (apparente paradosso) ai “vecchi” valori fondanti le tradizioni dei movimenti (socialista e cristiana) che lo compongono. “Accompagnare le persone ad essere cittadini” deve essere la mission del PD, mission che non può essere offuscata, pena la perdita di differenza, credibilità e coerenza, da comportamenti settari, o peggio, fraudolenti.

«Dobbiamo diventare sempre più il partito del merito e del talento. Perché senza merito e senza talento non vincono i migliori.» (Angelino Alfano). Da questa frase del neo-segretario PdL si può cogliere la differenza ideale di fondo che caratterizza, oggi più che mai, gli schieramenti politici in campo. La politica (per quel che ne capisco) non è competizione dove si afferma il migliore; e non è per certo costruita sui parametri meritocratici, professionali ed economici del libero mercato. Questo modo di essere della politica è il più grande e grave inganno commesso da chi (premier) si è presuntuosamente auto-presentato e auto-identificato come “il migliore e più meritevole salvatore del Paese” (Oggi derubricato dallo stesso figuro a: “paese di merda”).
La politica, per contro, è quell'attento rispetto delle persone che, riconoscendo valore insostituibile e irrinunciabile del proprio essere umani: la socialità, propone un cammino concreto per costruire sempre più “cittadinanza”. Per costruire in ciascuno sempre più la coscienza del proprio essere cittadino, soprattutto, nel rispetto reciproco e nel rispetto delle forme e degli istituti in cui questa socialità si compone e si sviluppa: famiglia, associazioni, chiese, partiti, mercato, etc. (valore chiamato: sussidiarietà). “Cittadinanza” che non è tale, se non si sostanzia concretamente, con equità e attenzione, al sostentamento e aiuto dei più deboli e sfortunati (valore chiamato: solidarietà).
Mi dispiace deludere qualcuno che mi legge, ma è per questi valori che, come un vecchio, ostinato troglodita mammut, morirò da “democristiano”. Sì! per questi valori... così come li ho, anche, conosciuti ed apprezzati nella vita e nelle parole di un “amico” esemplare di recente mancato: Mino Martinazzoli.

Commenti

Post popolari in questo blog

MACHERIO, PENSIERI SULLA PACE DEGLI ALUNNI DI MACHERIO

MACHERIO : E ADESSO RICOMINCIAMO

MACHERIO: PASSEGGIANDO PER IL PARCO DI VILLA BELVEDERE

MACHERIO, POLIAMBULATORIO, A DUE ANNI DALL'APERTURA...

MACHERIO: SCUOLA OLTRE L'OCEANO