MACHERIO, DENTRO FUORI MONTECITORIO


Il 7 novembre la Presidente della Camera Laura Boldrini ha invitato i sindaci all’incontro “ l’Italia in Comune” iniziativa promossa in collaborazione con ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani.
Mi è sembrato opportuno, ma anche doveroso, vista la situazione, rispondere positivamente a questo raro momento di confronto con chi prende le decisioni, per esporre le problematiche che quotidianamente ci legano le mani e per avanzare proposte e soluzioni pratiche, soprattutto in questo momento determinante in cui la Camera sta esaminando la nuova legge di bilancio che avrà riflessi immediati anche sui comuni e quindi su tutti voi cittadini.

E' l'occasione, mi son detta, per esporre le difficoltà oggettive che quotidianamente  vive chi amministra e per ribadire insieme agli altri sindaci, in modo diretto, il senso del nostro ruolo che si sta sempre più svuotando di potere.

Sapevo di non poter prendere la parola durante il momento formale, all’interno dell’Aula: gli interventi erano stati anticipatamente programmati, ma i sindaci intervenuti hanno evidenziato temi comuni in modo incisivo e molto pragmatico.
Con i Presidenti di Commissioni della Camera e con il Ministro Alfano si è parlato della necessità di investire sulla qualità dell’ambiente, di sicurezza dei territori; toccanti le parole dei sindaci dei paesi terremotati che, per poter ripartire da zero, hanno chiesto  presenza all’Istituzione.

Il tema dell’immigrazione e dell’accoglienza è stato affrontato da Gori, sindaco di Bergamo, tema che non può risolversi in un tetto e un pasto, ma deve prevedere un percorso di formazione e lavoro che eviti ai Comuni di ritrovarsi, peraltro con una suddivisione degli immigrati non proporzionata alle possibilità del territorio, con persone abbandonate a se stesse.

Enzo Bianco, sindaco di Catania, ha scattato invece una fotografia precisa del lavoro del sindaco, troppo limitato  da una legislazione inadeguata e da una burocrazia soffocante, imbrigliato da regole e ostacoli fissati da chi è molto distante dalla operatività locale di ogni giorno, che spesso impedisce di rispondere ai bisogni dei cittadini. 

Ma il confronto è continuato anche al termine del momento formale, quando tutti noi sindaci abbiamo potuto parlare, senza fronzoli, delle nostre realtà. Anche noi donne, purtroppo escluse dagli interventi in Aula. E’ emerso in modo evidente che i comuni delle nostre dimensioni non ce la fanno più a rispondere alle richieste del Governo, in teoria sensate, ma che si scontrano con la realtà.

Si vuol modernizzare la Pubblica Amministrazione mediante l’informatizzazione e rendere più agevole il cittadino nel ricevere servizi attraverso pagamenti on line? Bene. Ma questa nuova procedura avrà un costo per la sostituzione di software vari che ricade sul Comune. Perché non prevedere trasferimenti  adeguati?
Si vuole in nome dell’anticorruzione realizzare lavori o acquisti attraverso gare? Bene, ma che ci mettano in condizione di snellire le operazioni, che si preveda un’organizzazione centralizzata  e snella di riferimento per i nostri comuni  visto che non si possono bloccare i dipendenti solo su questo aspetto, perché c’è altro da fare.

E le competenze del personale comunale oggi insufficienti per adeguarsi alle richieste?  Sarebbe necessario specializzare alcuni dipendenti, ma non si hanno i mezzi per farlo.  Non ci possiamo permettere, nel nostro piccolo, di circoscrivere i loro campi d’azione, perché il personale sarebbe insufficiente.
Si potrebbero assumere nuovi dipendenti? No, bisogna rispettare i vincoli. Pensate che solo tra qualche mese potremo assumere un agente della polizia locale che è andato in pensione quasi due anni fa.

Oggi viene concessa la possibilità di utilizzare parte degli avanzi di amministrazione per realizzare interventi. Ma le scadenze per l’effettuazione dei lavori  sono sempre molto strette e se non si hanno progetti pronti si perde l’opportunità di accedervi. Ed ecco che i comuni delle nostre dimensioni risultano penalizzati, rispetto a chi può vantare una struttura più organizzata.
E se si volesse spiegare ai cittadini la necessità di aumentare l’addizionale IRPEF, a fronte di progetti da realizzare e visto che le spese aumentano e le entrate sono stabili? Vietato dalla legge di bilancio.

Perché non ci viene concessa la facoltà di scegliere, di stabilire un patto con i cittadini che , al momento del voto, valuteranno. In questo modo allora passa il concetto che chi nel passato l’ha aumentata e oggi incassa tre, quattro o cinque volte quel che introita il comune di Macherio, è stato più scaltro di chi, come noi (pochissimi che si possono contare sulle dita di una mano), ha sempre cercato di non gravare sui cittadini e mantenuto l’aliquota allo 0,2 che significa un’entrata di 250.000 euro. Lasciate a noi la decisione, abbiamo detto, o poneteci piuttosto un tetto massimo da non superare.
Sono solo alcuni esempi di ciò che ho condiviso a Roma, con chi si trova nelle nostre stesse difficoltà. E siamo tanti.

Qualcuno ha già provveduto all’unione di comuni, proprio per ovviare questi limiti. Noi non l’abbiamo ancora fatto, ma la prospettiva è proprio questa.
Posso dire di aver avvertito un attento ascolto da parte dell’Istituzione, che vedremo se si tradurrà in qualche segnale positivo.
E’ stata comunque una giornata intensa, anche di emozioni .

Il Sindaco
Mariarosa Redaelli









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