MACHERIO, MUSTAQ E ALTRI


Vi porto il saluto di Mustaq,  giovane pakistano. Il suo nome dice poco o nulla, ma probabilmente a molti sarà capitato di notarlo, durante le sue passeggiate per le vie del paese o al parco gioco, per la sua lunga veste nera che era solito indossare. Era  residente da ormai quasi due anni in via Cadorna in un appartamento condiviso, fino a qualche settimana fa, con altri 11 suoi conterranei.  

Avendo concluso il percorso all'interno del progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e avendo ottenuto  un  regolare permesso di soggiorno e status di rifugiato, ha dovuto lasciare la sua abitazione.
Prima di andarsene è passato in Comune a salutarmi, ha voluto esprimermi la sua gratitudine  per l’accoglienza ricevuta, ma soprattutto ha ringraziato i macheriesi che lo hanno ospitato.  

In un italiano nettamente migliorato  rispetto al suo arrivo, quando si esprimeva esclusivamente in inglese, ci ha tenuto a sottolineare di essersi trovato bene e di aver incontrato brave persone.

Parlo di lui proprio per il gesto che ha compiuto, semplice, ma di grande valore simbolico e per nulla dovuto. Nonostante i suoi problemi, le molteplici sofferenze
vissute di cui porta ancora le conseguenze, l’incertezza unita alla preoccupazione per le sfide nuove che lo attendono, ha dimostrato una grande  sensibilità che lascia un segno e che mi ha fatto riflettere.

Non abbiamo fatto cose straordinarie per lui. Gli abbiamo offerto l’opportunità di partecipare ad alcuni interventi di manutenzione, di svolgere qualche lavoretto in collaborazione con altri suoi amici di stanza, ovviamente all’insegna di un impegno volontario. Insieme hanno imbiancato, ripulito spazi, spostato arredi e soprattutto si sono create occasioni di conoscere altre persone, di stabilire qualche relazione, di essere riconosciuto. Lui  si è impegnato, si è sentito accolto e ha capito di poter contare su qualcun altro oltre le mura domestiche.
Anche Mustaq è soprattutto una persona.

Ora il suo posto è stato occupato da altri ragazzi. In via Cadorna sono ancora in dodici. Altri sei nigeriani recentemente hanno trovato casa  in via Bellini, invece una mamma con bambina insieme a una giovane coppia risiedono in via Visconti. Sono tutti seguiti da educatori che li guidano nelle diverse attività e nei vari momenti della giornata.

Io e miei assessori  li abbiamo invitati in Municipio insieme alla referente della nostra Caritas. Sono ragazzi al di sotto dei trent’anni , tranne un paio che comprendono, gli altri devono ancora prendere dimestichezza con l’italiano, ma tutti si esprimono in un inglese fluente. Come avrebbero fatto i nostri ragazzi, alcuni di loro ci hanno chiesto lo scatto di una foto da inviare alla lontana mamma, per rassicurarla.

Anche con queste nuove presenze inizieremo un percorso di collaborazione che li vedrà impegnati in piccole mansioni, come è avvenuto con Mustaq e i suoi amici.
E’ pronto un progetto di consegna a domicilio dell’acqua prelevata dalle casette che, nella prima fase di avvio, riguarderà soltanto le persone che usufruiscono del pasto a domicilio.

Se vi capiterà di vedere per le vie del paese una bicicletta attrezzata  con bottiglie d’ acqua avrete anche l’occasione di riconoscere i nostri ospiti. E’ già avviato invece l’intervento di pulizia del sottopasso e dell’area adiacente l’ingresso alla scuola elementare che, per questioni  logistiche, viene svolto dai ragazzi di via Cadorna.

Abbiamo scelto, come amministratori, di assumerci le nostre responsabilità e di far la nostra parte rispetto a una questione che è realtà, perché i rifugiati che hanno trovato ospitalità attraverso contratti d’affitto con privati, vivono nella nostra comunità. Si può fingere di non vedere e di non sapere, di non essere coinvolti come amministratori, per opportunità politica. Noi intendiamo invece gestire queste presenze e dare il nostro contributo per promuovere esperienze che possano avere un impatto positivo sul nostro territorio.

Così è stato fino ad ora e lo sarà anche se la gestione di venti persone è più complessa rispetto al numero più ridotto a cui eravamo abituati. Ecco perché invito le associazioni, i volontari, i tanti pensionati,  disponibili a dare il loro contributo nell’organizzazione delle attività di questi ragazzi. Se si riuscisse ad unire le energie avremmo un duplice effetto. Quello di impegnare questi giovani, di farli sentire utili alla comunità e di beneficiare di una maggior cura degli spazi collettivi.

Alla fine della loro esperienza anche loro si sentiranno gratificati.
Come Mustaq che ora vive a Bolzano.

Sindaco
Mariarosa Redaelli




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