MACHERIO, EVOLUZIONE O INVOLUZIONE
Qualche mese fa abbiamo ospitato un commento alla proposta di riforma del sistema sanitario regionale. Il 5 agosto scorso il consiglio regionale della lombardia ha approvato la legge n. 23, “Evoluzione del sistema sociosanitario lombardo”.
Alla fine ce l’hanno fatta : la maggioranza che governa la
regione ha approvato ai primi di agosto la “riforma” della sanità regionale
che, per non inquietare troppo la sua
parte formigoniana, ha definito come “evoluzione” del
sistema sociosanitario di cure e assistenza.
Intanto diciamo subito che si tratta di un evoluzione a metà
: della proposta originaria della Giunta
e’ stata stralciata la parte che riguarda l’organizzazione e la declinazione
delle attività di cura e assistenza ai cittadini con problemi di salute
mentale, di dipendenza da sostanze e patologici, delle attività di prevenzione
e promozione della salute. Il Consiglio regionale ne discuterà in autunno : una
“riforma” quindi che, al momento, parte
incompiuta già sulla carta.
I cambiamenti che vengono introdotti dalla nuova legge
riguardano innanzitutto l’”architettura” del sistema sociosanitario e la sua
organizzazione, a cominciare dalla riunificazione in un unico assessorato – al
Welfare- dei due precedenti (Sanita’ e Famiglia).
Gli altri cambiamenti riguardano principalmente due aspetti
: la trasformazione della attuali Aziende Ospedaliere (AO) in Aziende sociosanitarie territoriali (ASST) che
gestiranno anche servizi e prestazioni sul territorio , la creazione delle
Agenzie tutela salute (ATS)- al posto delle attuali ASL – e il loro
“ingrandimento” territoriale. In pratica : l’ex AO San Gerardo ( l’Ospedale di
Monza) diventa ASST di Monza e Desio gestendo anche l’ospedale di Desio e alcuni servizi territoriali e l’attuale ASL di Monza
viene allargata anche al territorio della ex provincia di Lecco divenendo “ATS
della Brianza” che manterrà le funzioni
di programmazione e integrazione sociosanitaria e gestirà direttamente i medici
di medicina generale e le attività di prevenzione ed igiene pubblica.
Lasciando a parte le fibrillazioni che nei diversi territori
si stanno registrando per gli accorpamenti e le paventate chiusure o
ridimensionamenti di presidi e servizi ( vedi le reazioni di questi giorni contrarie
all’inclusione nella gestione dell’ospedale di Monza dei presidi di Desio e
Seregno o per la “distanza” da Vimercate
per la gestione dei presidi di Carate e Giussano), analizziamo alcuni dei
principi ispiratori della riforma e alcune delle sue “ricadute” sull’assistenza.
Per i propri bisogni di cura e assistenza
sociosanitaria i cittadini hanno come
riferimenti il proprio Medico “di base”, l’Ospedale ( il Pronto soccorso) e il Distretto sociosanitario;
nella nuova organizzazione sono previsti i Prest (Presidi di assistenza
territoriale) le cui caratteristiche di
funzionamento sono tutte da definire e organizzare,
il distretto viene cancellato
dall’articolazione dei servizi della ASST, gli Ospedali vengono riclassificati
in specialistici e presidi territoriali (POT) anch’essi tutti da definire.
Senza
contare che negli ultimi tre anni al sistema di assistenza regionale e’ stato aggiunto un “secondo pilastro” (così
definito dalla stessa Giunta regionale) fatto di “misure”/voucher/contributi
economici/enti erogatori non accreditati ecc., che questa riforma ignora ( come buona parte
dei cittadini lombardi). “Secondo pilastro” che costituisce una vera e propria (
e silenziosa) “mutazione genetica” del sistema di welfare attraverso la
monetizzazione dei bisogni e la delega ad enti gestori privati delle risposte
assistenziali appropriate.
Già solo da questa sommaria descrizione si può intuire che
la riorganizzazione prevista è – a dir poco - complessa e che per essere sostenuta e’
facilmente intuibile non potra’ essere sostenuta da costi “semplificati”
attraverso una loro riduzione.
Si dirà : “tutte le riforme guardano avanti e il nuovo e’
sempre in parte un incognita”. Vero, ma quella approvata contiene elementi di
“involuzione” che, anche solo al netto
delle fibrillazioni della maggioranza politica che l’ha approvata e dovrà
attuarla, lasciano molte ombre sul suo contenuto
innovativo. Per farla breve: l’accorpamento della gestione degli ospedali e dei
servizi territoriali, motivata dalla priorità di assicurare la “continuità di
cura “ per i cittadini in fase post-acuta e per i cronici, sposta l’equilibrio
delle risorse penalizzando i servizi domiciliari e del territorio.
Era già così
nelle USSL ante riforma del 1997 ( legge regionale n. 31), con una differenza : in quel modello
l’equilibrio tra le risorse destinate agli ospedali e quelle ai servizi
territoriali era assicurato dal ruolo
dei Comuni. Questa riforma non “rivaluta” il ruolo dei Comuni nella gestione
del sistema sociosanitario relegandolo all’espressione di pareri e alla
partecipazione alla costruzione dell’integrazione sociosanitaria per
“ricomporre” (leggi “compensare”) le risorse e i servizi che in questi anni
hanno subito significative riduzioni.
Il ruolo “sfuocato” riservato agli enti locali, l’allontanamento
dal territorio delle funzioni programmatorie con ATS “sovraprovinciali” e l’intangibilita’
del “secondo pilastro” ( il sotto
sistema-ombra del welfare lombardo) lasciano intravedere esiti di questa
riforma da “ritorno al futuro” peggiorato dalle esigenze di risparmio e dalla
prevalenza delle esigenze gestionali ospedaliere rispetto ai bisogni di
assistenza sul territorio per i cronici, gli anziani non autosufficienti, i
disabili e le loro famiglie.
Aurelio Mosca
(*) l’autore e’ Psicologo e Direttore del Dipartimento delle
Attività socio sanitarie di un’ ASL della Lombardia.
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