MACHERIO,IL RIECCOLO
Me lo dico da me, prima che altri mi affibino questo brillante nomignolo inventato da Idro Montanelli ( si riferiva a Fanfani). Anzi
già che ci sono, mi regalo qualche altro possibile titolo. Va bene “ A volte
ritornano”? o magari “ Si scopron tombe si levano i morti”? o “ Il nuovo che
avanza” ?
Mi parrebbe un po’ scontato giocare sul “Finalmente è
uscito dall’ombra”, ma mi accontenterei. Non sia mia che io abbia a ironizzare
su chi ironizza con allegria. L’ironia-itelligente non va solo digerita, ma
solo sollecitata; le critiche vanno sempre esaminate; gli insulti vanno
semplicemente buttati nel cestino; le insinuazioni rimandate al mittente. E’,
dovrebbe essere, l’abc di chi accettare di fare attività politica, sia pure
piccola attività politica.
Esattamente vent’anni fa i temerari di Progetto Macherio
riusciranno a convincere i loro concittadini che occorreva cambiar musica e il
bello che fu che, a dirigere il nuovo coro, indicarono proprio il sottoscritto.
Sindaco a cinquant’anni, mi ritrovo oggi, dopo sei anni di ritiro rigoroso dalla
vita amministrativa, ad essere chiamato in servizio. Un onore, non lo nascondo,
come non mi nascondo le difficoltà di questo prolungamento non programmato del
mio impegno politico.
Difficoltà non da poco. Ai Comuni sono rimaste le briciole, in quanto a risorse, i carichi pesanti, in quanto a
responsabilità. Risento, ovviamente, della crisi che ha investito aziende e
famiglie; ma soprattutto sono prigionieri dell’antiquata concezione del piccolo
è meglio, del pochi ma buoni, del poveri ma soli.
Se si vuole almeno tentare di superare gli enormi problemi,
finanziari e decisionali, in cui si dibattono i Comuni, non c’è altra strada
che la preparazione di una nuova mappa go- politica-amministrativa del nostro
Paese, unendoli tra loro. Vuol dire rinunciare alla propria storia, alle
proprie tradizioni, alla propria identità? Figuriamoci se lo può sostenere chi
casomai potrebbe essere tacciato di
eccesso di zelo per le radici di Macherio, la lingua di Macherio a partire da
quattro secoli fa.
Questo però è il futuro, spero non così lontano che non
riescano a vederlo i nostri nipoti. La politica è anche preparare il futuro (
formidabile quella distinzione tra politicante il cui orizzonte sono le proprie
elezioni e statista che pensa al paese da lasciare ai nipoti), ma deve affrontare innanzitutto i problemi del presente.
Bene, richiamato a dare una mano al paese in cui sono nato
e vissuto per sette decenni, ci proverò; io speriamo che me la cavo, ebbi a scrivere vent’anni fa, al mio primo impegno
da sindaco; lo spero ancora.
Franco Verga
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