MACHERIO, NOVE ANNI FA
“
La libertà di culto non è tale finché non ci sono luogo di culto”.
“
Ci si può dichiarare d’accordo con la
libertà di culto e in disaccordo con i luoghi di culto?”.
Trovare la differenza tra i
due virgolettati. Non vale la furbata di considerare affermazioni puramente
teoriche, quindi innocue, che lasciano il tempo che trovano, tanto poco possono
incidere sulla realtà.
Si riferiscono, invece,
entrambe alla richiesta di edificare una grande moschea, la prima, di sistemare
un capannone per aprirne una piccola, la seconda.
Piccola, grande o media, il
problema posto nelle due citazioni è chiaro. Così chiaro che c’erano e ci sono
un sacco di persone che, pur di rigettarlo, spostano il ragionamento su altri
versanti.
Ma gira e rigira, il punto è
sempre quello: se si vuole garantire per davvero la libertà di culto, occorre
autorizzare luoghi di culto. Se no, è ipocrisia allo stato puro. Lo san tutti
che è impossibile, oltre che immorale vietare
a ciascuno di pregare il suo Dio col pensiero, nel chiuso della sua
stanzetta, bisbigliare litanie per conto proprio.
Questa non è libertà di
culto, è se mail libertà di pensiero, e a imprigionare il pensiero non c’è
ancora riuscito nessuno.
Il culto è l’espressione (
ecclesiale, per i cristiani) e visibile. Verrebbe da dire: esibita, nel senso
positivo di condivisione con gli altri in modo palese e non catacombale. Dalla garanzia
effettiva dalla libertà di culto si misura buona parte della civiltà di un
popolo.
Allora, se le due
affermazioni iniziai sono così simili, se non identiche, perché citarle
entrambe? Perché non sono state pronunciate dalla stessa persona e perché hanno
date diverse.
La prima di Angelo Scola,
arcivescovo di Milano, ed ha avuto adeguata risonanza su tutti i giornali.
Sicuramente ci si tratta di Scola, e non del suo predecessore Tettamanzi, brav’uomo
ma un po’ troppo sbilanciato a sinistra, o addirittura del Cardinale Martini,
che a furia di studiare la Bibbia è riuscito a trovare frasi in difesa dello
straniero? ( Tesi, come si vede, di grande spessore culturale, espresse a più
riprese da diversi esponenti della politica e del giornalismo).
No, no, è proprio lui,
Angelo Scola, invocato e salutato come il Vescovo che avrebbe riportato la Chiesa
Ambrosiana sulla retta via.
La seconda citazione è, mi si
perdoni, un’autocitazione, espressa da un articolo scritto per questo giornale
nel 2005. Forse aveva ragione l’amico bareggese che, nel pieno delle polemiche
sorte riguardo il capannone di via Toti, uscì a dire: “ Probabilmente la posizione giusta è la vostra, ma siete troppo in
anticipo sui tempi”.
Adesso che la sostiene anche
Angelo Scola, nove anni dopo, posso almeno cavarne una piccola, piccola soddisfazione personale?
Franco Verga
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