MACHERIO, CENTRO CULTURALE PACE: IL TAR DA' RAGIONE ALLA REDAELLI

Il Tar sei anni dopo: giusta l'ordinanza del Sindaco Redaelli, il 10 settembre 2013 è stata depositata la sentenza del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) della Lombardia sul ricorso del Centro Culturale Pace Onlus, vale a dire gli islamici proprietari dell'ormai famoso capannone di via Toti a Bareggia, contro l'ordinanza del Sindaco di Macherio che vietava l'uso improprio dell'immobile.

Di quale Sindaco stiamo parlando, e di quale anno? Si stupirà solo chi non ha mai prestato attenzione ai problemi, e ai tempi, della giustizia italiana. Era il settembre 2007, esattamente sei anni fa, quando il Sindaco Mariarosa Redaelli, esattamente lo stesso Sindaco attuale, emanava un provvedimento urgente nei confronti dei proprietari del capannone, sia perché usato per una destinazione diversa da quella dichiarata (magazzino), sia perché frequentato da un notevole numero di persone.

Gli islamici erano ricorsi al Tar, che nel gennaio 2008 aveva sospeso l'ordinanza del Sindaco solo nella parte in cui limita “accesso ai locali a numero di 5 persone" fissando tale limite nel numero di 15.
La sentenza che arriva ora, dopo altri cinque anni, non fa che confermare la legittimità dell'ordinanza del Sindaco Redaelli, ribadendo che nel "magazzino" possono entrare non solo 5 persone, ma 15.

Dove sta la novità? Semplicemente non c'è nessuna novità. Piuttosto, la sentenza ripercorre le tappe della vicenda. L'amministrazione Redaelli aveva negato la destinazione richiesta a luogo di culto, "sia per la necessità di procedere con permesso di costruire, sia in ragione degli esiti di un sopralluogo effettuato dai Vigili del Fuoco, che hanno evidenziato la presenza di problemi di sicurezza per le vie d'esodo dell'immobile da utilizzarsi a Moschea, non essendo soddisfatti i
criteri generali della prevenzione incendi". "In data 30.4.2007" ricorda ancora la sentenza del Tar "il Sindaco del Comune di Macherio, sulla base di controlli effettuati dalla Polizia Municipale e dal Comando Stazione Carabinieri di Biassono, ha diffidato i proprietari dell'immobile da un uso improprio dello stesso, rilevando come l'immobile fosse utilizzato, senza alcuna autorizzazione, da un numero crescente di persone, precisando che in occasione di un controllo era stata verificata la presenza nell'arco di tre ore di circa 120 persone".

Come valuta il Tar il ricorso degli islamici, articolato in cinque motivi di impugnazione?

Ne respinge ben quattro in modo nettissimo, in quanto "non solo i verbali delle Forze dell'ordine riferiscono della frequentazione dell'immobile da parte di un numero notevole di persone (sino a 120), ma gli stessi rappresentanti del Centro Culturale hanno riferito che l'immobile è utilizzato da 60 persone". In pratica, volendo difendersi dimezzando il numero dei frequentatori, gli islamici si sono tirati la classica zappa sui piedi. Inoltre, ricorda ancora la sentenza, "non è dubitabile che l'immobile, pur destinato a magazzino, sia stato utilizzato in concreto come luogo di culto". Ha fatto bene, quindi, il Sindaco di Macherio a emettere quel provvedimento, anche per "l'inadeguatezza dello stato dei locali dal punto di vista della prevenzione degli incendi".

Conclusione: "Ne deriva che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Onlus ricorrente, il provvedimento del Sindaco si fonda su un'esatta rappresentazione della realtà, di cui è dato adeguatamente conto sul piano motivazionale, fermo restando che la situazione di oggettivo pericolo per l'incolumità pubblica integra i presupposti per l'adozione di un'ordinanza contingibile ed urgente".


L'unico rilievo accolto riguarda il numero di possibili frequentatori del magazzino, elevato da 5 a 15. Un po' pochino per consentire al solito qualcuno di scrivere che "Il Tar dà ragione agli islamici". Ricorda l'entusiasmo con cui alcuni sprovveduti festeggiarono alle prime parole della sentenza della Cassazione, che invitava a riconteggiare gli anni di interdizione dai pubblici uffici a Silvio Berlusconi, riconfermando nel contempo la sua condanna per frode fiscale. Ma si sa, anche capire le cose più chiare per taluni è un'impresa.Il Tar sei anni dopo: giusta l'ordinanza del Sindaco Redaelli, il 10 settembre 2013 è stata depositata la sentenza del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) della Lombardia sul ricorso del Centro Culturale Pace Onlus, vale a dire gli islamici proprietari dell'ormai famoso capannone di via Toti a Bareggia, contro l'ordinanza del Sindaco di Macherio che vietava l'uso improprio dell'immobile.

Di quale Sindaco stiamo parlando, e di quale anno? Si stupirà solo chi non ha mai prestato attenzione ai problemi, e ai tempi, della giustizia italiana. Era il settembre 2007, esattamente sei anni fa, quando il Sindaco Mariarosa Redaelli, esattamente lo stesso Sindaco attuale, emanava un provvedimento urgente nei confronti dei proprietari del capannone, sia perché usato per una destinazione diversa da quella dichiarata (magazzino), sia perché frequentato da un notevole numero di persone.

Gli islamici erano ricorsi al Tar, che nel gennaio 2008 aveva sospeso l'ordinanza del Sindaco solo nella parte in cui limita “accesso ai locali a numero di 5 persone" fissando tale limite nel numero di 15.
La sentenza che arriva ora, dopo altri cinque anni, non fa che confermare la legittimità dell'ordinanza del Sindaco Redaelli, ribadendo che nel "magazzino" possono entrare non solo 5 persone, ma 15.

Dove sta la novità? Semplicemente non c'è nessuna novità. Piuttosto, la sentenza ripercorre le tappe della vicenda. L'amministrazione Redaelli aveva negato la destinazione richiesta a luogo di culto, "sia per la necessità di procedere con permesso di costruire, sia in ragione degli esiti di un sopralluogo effettuato dai Vigili del Fuoco, che hanno evidenziato la presenza di problemi di sicurezza per le vie d'esodo dell'immobile da utilizzarsi a Moschea, non essendo soddisfatti i
criteri generali della prevenzione incendi". "In data 30.4.2007" ricorda ancora la sentenza del Tar "il Sindaco del Comune di Macherio, sulla base di controlli effettuati dalla Polizia Municipale e dal Comando Stazione Carabinieri di Biassono, ha diffidato i proprietari dell'immobile da un uso improprio dello stesso, rilevando come l'immobile fosse utilizzato, senza alcuna autorizzazione, da un numero crescente di persone, precisando che in occasione di un controllo era stata verificata la presenza nell'arco di tre ore di circa 120 persone".

Come valuta il Tar il ricorso degli islamici, articolato in cinque motivi di impugnazione?

Ne respinge ben quattro in modo nettissimo, in quanto "non solo i verbali delle Forze dell'ordine riferiscono della frequentazione dell'immobile da parte di un numero notevole di persone (sino a 120), ma gli stessi rappresentanti del Centro Culturale hanno riferito che l'immobile è utilizzato da 60 persone". In pratica, volendo difendersi dimezzando il numero dei frequentatori, gli islamici si sono tirati la classica zappa sui piedi. Inoltre, ricorda ancora la sentenza, "non è dubitabile che l'immobile, pur destinato a magazzino, sia stato utilizzato in concreto come luogo di culto". Ha fatto bene, quindi, il Sindaco di Macherio a emettere quel provvedimento, anche per "l'inadeguatezza dello stato dei locali dal punto di vista della prevenzione degli incendi".

Conclusione: "Ne deriva che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Onlus ricorrente, il provvedimento del Sindaco si fonda su un'esatta rappresentazione della realtà, di cui è dato adeguatamente conto sul piano motivazionale, fermo restando che la situazione di oggettivo pericolo per l'incolumità pubblica integra i presupposti per l'adozione di un'ordinanza contingibile ed urgente".

L'unico rilievo accolto riguarda il numero di possibili frequentatori del magazzino, elevato da 5 a 15. Un po' pochino per consentire al solito qualcuno di scrivere che "Il Tar dà ragione agli islamici". Ricorda l'entusiasmo con cui alcuni sprovveduti festeggiarono alle prime parole della sentenza della Cassazione, che invitava a riconteggiare gli anni di interdizione dai pubblici uffici a Silvio Berlusconi, riconfermando nel contempo la sua condanna per frode fiscale. Ma si sa, anche capire le cose più chiare per taluni è un'impresa.

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