MACHERIO, AMIANTO E L'ALLEATO: IL SILENZIO DEL SINDACO

Per capire quanto seguiti a essere pericoloso l’amianto occorrerebbe partire da un numero a quattro cifre: 3000 (dato, tra l’altro, fortemente sottostimato come confermerebbero i rapporti Inail). A tale ammonterebbe il numero di persone morte in Italia solo nel 2011 a causa di quella che gli Antichi chiamavano la “lana della salamandra”, persuasi che la citata lucertola, al pari del minerale, fosse in grado di passare indenne attraverso il fuoco (l’altro suo nome, asbesto, non a caso significa “incorruttibile”, “inestinguibile”).
Una strage infinita il cui picco, secondo le statistiche, dovrebbe registrarsi tra il 2015 e il 2018, ovvero a più di vent’anni dalla sua messa al bando sul territorio nazionale. Di amianto, pertanto, si muore e si continuerà a morire.

Il perché non cessi una simile ecatombe o perché quantomeno, in virtù del divieto, non abbia dato segnali di regresso, lo si potrebbe almeno in parte spiegare pensando a una delle peculiarità tipiche dell’amianto: la fibrosità. Quella leggerissima polvere bianca (la fibra d’amianto è 1300 volte più sottile del capello umano) che una volta respirata può rimanere quieta nei polmoni per anni, anche parecchi decenni, prima di palesare la propria presenza: sono il mesotelioma e il carcinoma polmonare le patologie che da essa dipendono. Non lasciano scampo e portano via velocemente e di sicuro. Ma non è questa l’unica risposta possibile a quella domanda. Perché allora si continua a morire?

La legge n. 257 del 1992 vietava, senza mezzi termini, l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto. Accanto a essa sono poi stati emanati “alcuni decreti e circolari applicative con l'obiettivo di gestire il potenziale pericolo derivato dalla presenza di amianto negli edifici, manufatti e coperture”: scuole, oratori, case solo per elencare i luoghi a noi più familiari. La Regione Lombardia ne ha previsto il totale smaltimento entro il 2015-2016. Basteranno due/tre anni, là dove non ne sono bastati 22 (!), perché si prenda seriamente coscienza della sua pericolosità e si agisca con opportuna solerzia?

Se guardiamo a Macherio e al lassismo con cui sia la così detta “società civile” sia l’Amministrazione comunale stanno (non) affrontando il “pericolo amianto”, c’è poco da stare tranquilli.
Celare il problema, come l’attuale sindaco-muro di gomma sta facendo, evidentemente più preoccupato delle possibili ripercussioni in campo elettorale che della salute dei suoi attuali e futuri concittadini, non vuol dire non averlo. Certo fa comodo (ma dove sono i macheriesi? Si animano solo per il trenino dell’8 dicembre?!), ma di fronte a quei numeri, quest’inoperosità risulta quantomeno criminale.

Mancano i soldi? Non si può costringere un privato a spendere danaro per la sostituzioni dei tetti? Ma varrebbe almeno la pena informare la cittadinanza per aiutandola a capire e fare in modo che si muova di conseguenza.
Se proprio non si riesce a fare da soli, qualche idea può giungere dai comuni vicini. Quello di Sovico, per esempio, nel marzo scorso, all’interno del giornale comunale spedito alle famiglie, ha dedicato numerose pagine all’argomento. Sfogliandolo si scopre (sempre rimanendo sul problema sensibile della rimozione dei tetti in eternit dalle abitazioni private) dell’esistenza degli incentivi statali. Si legge infatti sul citato periodico: “la legge finanziaria 2010 ha prorogato fino al 31 dicembre 2012 il termine per usufruire della detrazione del 36% delle spese sostenute per i lavori di bonifica dell’amianto (ristrutturazioni e edilizie: le agevolazioni fiscali). Inoltre grazie al conto energia 2011-2013 (D.M. 06/08/2010) c’è un incentivo in più per chi rimuove il tetto in amianto e lo sostituisce con un impianto fotovoltaico, un sistema di pannelli costituiti da particelle di silicio che hanno la proprietà di convertire in elettricità la luce del sole. Grazie quindi all’incentivo maggiorato di un “premio” del 10%, nel giro di qualche anno ci si può ripagare della spesa sostenuta per la rimozione e il rifacimento del tetto”.

È troppo chiedere di fare altrettanto? Di bonificare o mettere in sicurezza le zone contaminate (l’eternit, ovvero cemento+amianto, non è materiale immune dal deterioramento e richiede controlli periodici atti a evitare la dispersione di fibre nell’aria)? O dovremo aspettarci la comparsa di una nuova figura professionale, quella dell’acchiappa-fibre, con tanto di apposita retina?

Nell’attesa oramai biblica che dall’Amministrazione parta un segnale, i cittadini possono chiedere consiglio direttamente alle ASL locali. Altre informazioni utili sono reperibili dal sito del ministero della salute.

Coviello Lucia Grazia

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