FERMIAMO IL CEMENTO

Il limite di non ritorno, superato il quale l’ecosistema Italia non è più in grado di autoriprodursi è sempre più vicino.
Ma nessuno se ne cura. Le catastrofi naturali dovuti all’acqua, a smottamenti e frane si susseguono su tutto il territorio Nazionale (Massa, Calabria, Veneto), ma soprattutto a livello Regionale e Provinciale (Lambro, Seveso), ma pochi, anzi pochissimi, sembrano accorgersi del momento in cui viviamo, quasi nessuno nel “palazzo” cerca d’affrontare il rischio idrogeologico del Belpaese.

Tuttavia, il problema è proprio lì davanti a tutti difficile da non vedersi, si chiama volgarmente cementificazione, o per meglio dire consumo del suolo. Anche i dati e i numeri, forniti dal WWF e dal Consiglio Nazionale dei Geologi,  sono altrettanto evidenti da poter snobbare: 6 milioni di persone in Italia risiedono in un territorio al alto rischio idrogeologico, 260 mila edifici a rischio frane e alluvioni (fra cui scuole e ospedali), le aree ad elevata criticità idrogeologica sono il 10% del territorio e l’89% dei comuni, mezzo milione di persone vivono fra Lombardia, Piemonte e Veneto,  a rischio sismico il 50% del suolo nazionale.

Nella nostra neo provincia di Monza e Brianza il territorio è cementificato già per il 55%, una cifra fra le più alte in Italia, destinata ad aumentare secondo previsioni di PGT (Piano di Governo del Territorio).

Il rischio al quale sono soggette 6 milioni di persone è reale laddove eventi naturali straordinari possono determinare avvenimenti nefasti e morti: esempio recentissimo le violenti piogge nel Veneto. L’acqua, precipitata in maniera abbondante nell’arco di poche ore, che sarebbe dovuta cadere in un mese, non può giustificare però  il perenne stato di calamità.

La malagestione dei fiumi e dei versanti è, invece, il reale problema che si riscontra in maniera costante negli ultimi 50 anni e in maniere sempre p
 iù evidente in quest’ultimo decennio dove il boom edilizio (e la sua speculazione) ha portato ad edificare dove non era previsto e possibile, spostando l’urbanizzazione dai centri città verso paesi limitrofi, che molte volte coincidono in zone di campagna, di prati verdi usati magari come aree di espansioni di fiumi in piena. Le vecchie “canalizzazioni” dei fiumi, utili soprattutto in periodi di piena, sono state chiuse, ostruite, cambiati i percorsi con argini artificiali: così facendo la portata dei fiumi, in casi straordinari di piogge, aumenta sempre più senza mai avere vie di sfogo. I piccoli torrenti diventano fiumi.

Lo stesso WWF ha denunciato la situazione avviando la campagna “liberafiumi2010”: fra i fiumi “malmessi” presenziano il Lambro e il Seveso in gran parte canalizzati che hanno messo in ginocchio addirittura interi quartieri di Milano e Monza, senza contare i danni nei piccoli Paesi.
E la cementificazione sul territorio Brianzolo non è a
 ssolutamente in decrescita: lo evidenzia la verifica fatta dal PD provinciale monitorando i PGT di alcuni comuni sulla previsione dei prossimi anni. Dal 55% di suolo già consumato si potrà passare, secondo i PGT all’esame dei comuni, al 65% di territorio della provincia di Monza e Brianza. Cifra incredibile. Stiamo percorrendo la strada verso il punto di non ritorno.

I comuni nel mirino che dovranno prendere, o hanno già preso ,decisioni impegnative, anche per il nostro futuro sono: Bovisio Mascago, Monza, Arcore, Brugherio, Triuggio e Burago Molgora.

A Bovisio, in fase decisionale, il piano prevede una torre alta di circa 17 piani (9.000 mq) da  collocare al confine con il territorio comunale di Desio, affacciata sulla Pedemontana e posta in vicinanza al forno inceneritore di Desio. Tale previsione, tra l’altro, si colloca all’interno del Parco sovra comunale (Plis) del Grugnotorto Villoresi. Nella lista anche un nuovo centro commerciale (22.500 mq) da sviluppare a ridosso con la SP 527 “Bustese”.

Nel capoluogo, amministrato da PDL e Lega, sarà sul tavolo d’esame una cementificazione da 4 milioni di metri cubi di nuove residenze e centri commerciali e produttivi e la cementificazione della Cascinazza, area agricola e di esondazione del Lambro, su cui i metri cubi costruibili nell’interesse della famiglia Berlusconi potranno crescere dai 120 mila attuali a più di 500 mila.

Brugherio è l’altro comune brianzolo dove incombono progetti che prevedono la costruzione di un centro commerciale e di un parcheggio su 2 livelli pari ad un’occupazione di suolo di 160.000 mq in un’area attualmente destinata a verde attrezzato e aree agricole.
Nel PGT di Triuggio (in pieno della Valle del Lambro) è previsto tra l’altro un Piano di intervento integrato da 45 mila metri cubi residenziali concessi ai privati in cambio della cessione al comune di Villa Don Bosco. Il piano prevede nuove e massicce potenzialità edificatorie su diverse tipologie di aree anche verdi. Il comune da Marzo non ha ancora deciso.

Ad Arcore (in pieno parco della Valle del Lambro): 25 palazzi da tre piani, 400 appartamenti per un totale di 150mila metri cubi che ospiteranno 1.200 nuovi residenti. Un investimento da 220 milioni che Idra, l'immobiliare dei Berlusconi, ha già presentato alla giunta di centrodestra.
Questa è la situazione, questa è la strada che si sta percorrendo, in aree che in principio erano destinate alla tutela ma che oggi sono in mano al potere economico-politico.

Il limite di non ritorno, superato il quale l’ecosistema Italia non è più in grado di autoriprodursi è sempre più vicino.

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